Città del Vaticano , martedì, 27. ottobre, 2015 11:00 (ACI Stampa).
“Il Primate Stefan Wyszyński e il cardinale Bolesław Kominek, grande promotore della riconciliazione tra le nazioni polacca e tedesca, diedero una manifestazione di grande saggezza guardando alla storia delle nostre nazioni in una prospettiva millenaria. Il Messaggio divenne così la sintesi della storia polacca.” Il presidente della Conferenza episcopale polacca Stanisław Gądecki, vescovo di Poznań e padre sinodale, ha ricordato così uno degli eventi più significativo della storia europea del XX secolo. La lettera che i vescovi polacchi inviarono al fine del Concilio vaticano II ai vescovi tedeschi.
L’evento è stato ricordato in Vaticano con un solenne celebrazione nella chiesa del Campo Santo Teutonico lunedì 26 ottobre mattina in apertura di una giornata di studio dedicata non solo alla storia di quella decisione e dei rinnovati rapporti tra polacchi e tedeschi dopo la II Guerra Mondiale, ma anche alle reazioni che quella decisione conciliare ebbe sui vescovi firmatari da parte del governo comunista, e finalmente al ruolo di modello che quell’evento può avere per altre situazioni simili che si sono verificate in Europa.
La commemorazione dei 50 anni di quella coraggiosa lettera, “Perdoniamo e chiediamo perdono” è anche “visibile” nelle sale dei Musei Vaticani tramite una mostra che per tutto il mese di novembre racconta la nascita e le conseguenze di quel gesto e l’impegno del suo promotore, il cardinale Kominek.
Nella omelia della messa, celebrata dal cardinale Gerhard Ludwig Müller Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, il vescovo di Poznań ha ripercorso ogni tappa di quell’evento storico.
I vescovi polacchi in preparazione dei mille anni del battesimo della nazione, inviarono ben 56 messaggi agli episcopati di diversi paesi per chiedere preghiere per la ricorrenza. Ma quella ai tedeschi era diversa, speciale, scritta con le lacrime e il sangue. “La lettera - ha detto Stanisław Gądecki - fu il tentativo di stabilire una unità che sarebbe stata impossibile senza prendere in considerazione il passato. Senza cioè prestare attenzione alla sorte della popolazione polacca e tedesca, sia durante che dopo la seconda guerra mondiale. La La lettera faceva parte di quello sforzo, che favorì il rinnovamento morale della nostra nazione. Fu un atto di coraggio dell’episcopato polacco, il quale – in quelle difficili circostanze politiche – osò prendere l’iniziativa sul forum internazionale, all’insaputa del Partito e contro il suo volere.”