Era una scelta non protocollare, perché generalmente il Papa invia i suoi auguri, attraverso un telegramma, il giorno dell’insediamento del nuovo presidente. Ma era una scelta che allo stesso tempo andava a marcare una discontinuità.
Si enfatizza molto il fatto che Biden sia un cattolico praticante, e che vada a Messa ogni domenica. Lo stesso Biden, però, ha sostenuto il diritto di scelta delle donne sul tema dell’aborto, includendosi in quella schiera di politici cattolici pro-aborto di cui è pieno il partito democratico.
La posizione di Papa Francesco sull’aborto è stata molto chiara, e tre volte nell’ultimo mese ha paragonato l’aborto all’affitto di un sicario, arrivando anche a chiedere l’obiezione di coscienza ai farmacisti ospedalieri sul tema. È evidente che su questo ci sono ampie divergenze.
Per appianarle, Biden ha nominato ambasciatore presso la Santa Sede Joseph Donnelly, 66 anni, della piattaforma cattolici per Biden. Subito la rivista dei gesuiti America ha voluto sottolineare che questi è un cattolico pro-life, in qualche modo appoggiando la presidenza e mostrando una volontà di dialogo.
Ma se l’amministrazione Trump aveva basato la sua piattaforma sui temi della vita (Trump è stato il primo presidente USA a tenere un discorso alla March for Life) e sulla convergenza con la Santa Sede sui temi della Libertà religiosa (l’ultima conferenza del Segretario di Stato Mike Pompeo a Roma, con la presenza dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, era su questo tema), la presidenza di Biden eviterà questi temi, semplicemente per evitare una divergenza.
Sulla lotta al coronavirus, l’amministrazione Biden ha vinto una battaglia elettorale con quella Trump, e i continui messaggi del Papa sul vaccino si sono posti sulla stessa linea. Sulla questione ecologica, la convergenza è massima, considerando la spinta all’agenda verde di Biden supportata anche da una visita di John Kerry in Vaticano lo scorso maggio come rappresentante dell’agenda sul clima, con tanto di incontro con Papa Francesco e intervista istituzionale a Vatican News.
Non si parlerà dei migranti, o se ne parlerà solo in termini positivi, considerando che l’amministrazione Biden si è resa subito protagonista di un infortunio diplomatico con l’appello della vicepresidente Kamala Harris a “non venire” negli Stati Uniti.
Di certo, il quarto incontro tra Biden e Papa Francesco si rivela avere più spine che possibilità, considerando che c’è una sfumatura in tutte le posizioni, e che la cattolicità di Biden è più spinta dalla propaganda che dalle azioni di governo. La Segreteria di Stato vaticano farà le sue distinzioni. Né si farà tirare per la giacca sui grandi temi, cercando sempre di mantenere una posizione diplomaticamente neutrale.
Il presidente Moon e la possibile visita del Papa in Corea del Nord
Quando era venuto la prima volta in visita da Papa Francesco, il presidente Moon aveva anche portato un invio a visitare la Corea del Nord. Era il 2018. Negli ultimi tempi, le voci di un viaggio si sono intensificate, e più fonti hanno raccontato di nuovi contatti, mentre l’arcivescovo Lazzaro You, nominato dal Papa prefetto della Congregazione del Clero, nella sua prima Messa da capo dicastero nella Basilica di San Pietro per l’anniversario della nascita del primo sacerdote coreano, ha pregato perché si concretizzi presto un viaggio del Papa in Corea del Nord.
Il Papa ha fatto recentemente sapere, in una intervista a Telam, di volersi recare in Papua Nuova Guinea (viaggio già pensato nel 2020) e nulla vieta, nella rotta verso l’Oceania, di pensare ad una sorta di scalo tecnico nell’aeroporto di Pyongyang. Niente di particolarmente ufficiale, ma un qualcosa di simbolico, breve, che dia un segnale, un po’ sulla scorta dello scalo di Paolo VI a Teheran. Non c’è niente di ufficiale, e tutto quello di cui si parla sono rumors, ma la possibilità c’è.
Anche perché, di fronte alle voci, lo scorso luglio ci aveva pensato Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, a dichiarare ufficialmente che il Papa non stava preparando un viaggio in Corea del Nord. Bruni rispondeva così ad una indiscrezione di Fides.
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L’agenzia della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli aveva scritto, lo scorso 6 luglio, che il capo dell’intelligence della Corea del Sud era “all’opera per la visita di Papa Francesco in Corea del Nord”.
Fides riprendeva dichiarazioni dello stesso capo dell’intelligence, Park Jie-won, il quale avrebbe riferito di aver incontrato l'Arcivescovo Kim Hee-jung e il Nunzio Apostolico in Corea del Sud, l'Arcivescovo Alfred Xuereb, per parlare della visita di Papa Francesco a Pyongyang.
Park ha preso parte aduna Messa il 6 luglio, che festeggiava la chiesa cattolica di Sanjeong-dong, a Mokpo, elevata dalla Santa Sede al titolo di "Basilica minore", prima chiesa in Corea del Sud a ricevere tale titolo.
Park Jie-won in passato è stato eletto in Parlamento in rappresentanza del collegio elettorale di Mokpo. Ha assunto l'incarico di capo del National Intelligence Service lo scorso luglio. È stato Segretario presidenziale del presidente Kim Dae-jung (in carica dal 1998 al 2003, e Premio Nobel per la Pace nel 2000) e, durante la sua amministrazione, ha svolto un ruolo fondamentale nell'organizzare il primo vertice intercoreano tra i leader sudcoreani e nordcoreani nel giugno 2000.
Ma l’idea di un viaggio di Papa Francesco in Corea del Nord si era cominciata a diffondere nel 2018 dopo il clima creato da tre summit inter-coreani e uno storico incontro Washington-Pyongyang. Non ci sono stati ulteriori progressi da un incontro senza seguito ad Hanoi nel 2019.
Lo scorso 15 febbraio, Lee Baek Man, che è stato ambasciatore della Corea presso la Santa Sede dal 2018 a quest’anno, ha rivelato che nel 2019 ha incontrato diplomatici della Corea del Nord a Roma, in un periodo in cui Papa Francesco aveva mostrato un certo interesse nel visitare Pyongyang.