Il primo cartello, spiega, è “l’attenzione agli attraversamenti”, perché “troppe persone incrociano le nostre esistenze mentre si trovano nella disperazione”, dai giovani costretti ad emigrare o precari a donne che sono costrette a scegliere tra maternità e professione, fino agli anziani soli, le famiglie vittima dell’usura, del gioco d’azzardo e della corruzione, gli imprenditori minacciati dalla Mafia, nonché le persone ammalate, gli operai costretti a lavori usuranti e immorali.
Il cahier des doleances di Papa Francesco è lungo ed esemplificativo, ma serve al Papa a mostrare “i volti e le storie” che ci interpellano, perché “questi nostri fratelli e sorelle sono crocifissi che attendono la risurrezione”, e allora non si deve “lasciare nulla di intentato perché le loro legittime speranze si realizzino”.
Il secondo cartello è quello del “divieto di sosta”, rappresentato dal Papa da “diocesi, parrocchie, comunità, associazioni, movimenti, gruppi ecclesiali stanchi e sfiduciati, talvolta rassegnati di fronte a situazioni complesse, vediamo un Vangelo che tende ad affievolirsi”.
Il Papa invita dunque a seguire l’amore di Dio che “non è mai statico e rinunciatario” e a non “sostare nelle sacrestie”, né a formare “gruppi elitari che si isolano e si chiudono”, perché “la speranza è sempre in cammino e passa anche attraverso comunità cristiane figlie della risurrezione che escono, annunciano, condividono, sopportano e lottano per costruire il Regno di Dio”.
Papa Francesco lancia anche l’idea di “creare reti di riscatto” nei territori “maggiormente segnati dall’inquinamento e dal degrado”, superando “la paura e il silenzio, che finiscono per favorire l’agire dei lupi del malaffare e dell’interesse individuale”. Esorta Papa Francesco: “Non abbiamo paura di denunciare e contrastare l’illegalità, ma non abbiamo timore soprattutto di seminare il bene!”
Il terzo cartello è l’obbligo di svolta, invocato, secondo Papa Francesco, dal “grido dei poveri e quello della Terra”.
Per questo “ci attende una profonda conversione che tocchi, prima ancora dell’ecologia ambientale, quella umana, l’ecologia del cuore”, sapendo che “la svolta verrà solo se sapremo formare le coscienze a non cercare soluzioni facili a tutela di chi è già garantito, ma a proporre processi di cambiamento duraturi, a beneficio delle giovani generazioni”.
Si tratta, spiega Papa Francesco, di una “conversione volta ad una ecologia sociale”, la quale può alimentare il tempo di “transizione ecologica” in cui “le scelte da compiere non possono essere solo frutto di nuove scoperte tecnologiche, ma anche di rinnovati modelli sociali”.
È il cambiamento di epoca che viviamo che “esige un obbligo si volta”, magari – dice Papa Francesco – guardando “a tanti segni di speranza, a molte persone che desidero ringraziare perché, spesso nel nascondimento operoso, si stanno impegnando a promuovere un modello economico diverso, più equo e attento alle persone”.
Conclude Papa Francesco: “Ecco, dunque, il pianeta che speriamo: quello dove la cultura del dialogo e della pace fecondino un giorno nuovo, dove il lavoro conferisca dignità alla persona e custodisca il creato, dove mondi culturalmente distanti convergano, animati dalla comune preoccupazione per il bene comune”.
In un videomessaggio diffuso poi, Papa Francesco ha sottolineato che "il pianeta che speriamo" esige "una conversione" diretta alla speranza, che chiede "stili di vita rinnovati", in cui ambiente, lavoro e futuro "siano in piena armonia".
Papa Francesco invia un "Pensiero particolare e incoraggiamento" ai giovani, chiedendo loro di "insegnare a custodire il creato", a non sentirsi "mai ai margini", e auspicando che "i loro sogni siano i sogni di tutti".
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Il Papa manda una carezza a tutti i papà di Taranto che "hanno perso i figli".
(articolo aggiornato alle 19.06 con il videomessaggio del Papa)