Roma , mercoledì, 20. ottobre, 2021 14:00 (ACI Stampa).
Nel messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale, ‘Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato’, Papa Francesco ha invitato a vivere l’esperienza degli Apostoli: “L’amicizia con il Signore, vederlo curare i malati, mangiare con i peccatori, nutrire gli affamati, avvicinarsi agli esclusi, toccare gli impuri, identificarsi con i bisognosi, invitare alle beatitudini, insegnare in maniera nuova e piena di autorità, lascia un’impronta indelebile, capace di suscitare stupore e una gioia espansiva e gratuita che non si può contenere… L’amore è sempre in movimento e ci pone in movimento per condividere l’annuncio più bello e fonte di speranza”.
Per comprendere meglio l’essenza del messaggio papale abbiamo chiesto al presidente della Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli, Antonio Gianfico, di raccontare in quale modo è possibile raccontare ciò che si è visto: “Noi volontari della Società di San Vincenzo De Paoli siamo tutti un po’ Marta ed un po’ Maria. E, se le nostre due anime sono la contemplazione e l’azione, per noi, raccontare, può essere non solo parole, ma anche fatti. Composta da 2.300.000 volontari in 154 Paesi del mondo, la Società di San Vincenzo De Paoli è un’associazione di laici cattolici. Per meglio rispondere vorrei ricordare le parole di Gesù: ‘Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi’ (Mt 25, 35-36).
In tutta Italia la Società di San Vincenzo De Paoli ha realizzato mense, dormitori, case di ospitalità per persone in difficoltà, centri per l’assistenza a bambini e ragazzi e per persone sole o anziane, strutture per l’accoglienza dei migranti, empori solidali. Poi c’è il carcere: povertà tra le povertà. I nostri volontari visitano i detenuti per portare loro un po’ di sapone, qualche vestito, ma anche ascolto e vicinanza alle loro famiglie.
Pochi giorni fa, si è svolta la premiazione della XIV Edizione del Premio Carlo Castelli, concorso letterario riservato ai detenuti delle carceri italiane. Una bella opportunità, per chi ha sbagliato, di riflettere e migliorarsi attraverso la scrittura, ma anche una possibilità di riscatto, perché il premio che destiniamo ai vincitori, è sempre doppio: una parte viene assegnata all’autore del testo, un’altra parte viene destinata a finanziare un’opera nel sociale. Io sono fermamente convinto che il buon esempio, quello che tanti volontari della nostra Associazione danno, testimoniando con la propria vita i valori in cui credono, sia un buon modo per comunicare, proprio quei valori, a quella parte del mondo che, distratta dai troppi impegni ed affanni, rischia di cadere in preda ad egoismo ed individualismo”.
Allora in quale modo è possibile raccontare parole di speranza?