Città del Vaticano , giovedì, 14. ottobre, 2021 11:58 (ACI Stampa).
Le tre strade del farmacista ospedaliero sono il servizio, la professionalità e l’etica, che include il tema della giustizia sociale, perché il farmacista non è un vero esecutore e non deve essere anche lui vittima della cultura dello scarto. Papa Francesco incontra la Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici, a Roma per il loro congresso. Sullo sfondo restano varie questioni: da quella, annosa, per la distribuzione dei medicinali, a quella (tutta nuova) nata con la pandemia. E c’è un dato principale, sottolineato da Papa Francesco: “Voi siete sempre al servizio della vita umana”, al punto che si può e si deve esercitare l’obiezione di coscienza, che non è “infedeltà alla professione”, ma al contrario “fedeltà, se validamente motivata” ed è “anche denuncia delle ingiustizie compiute ai danni della vita innocente e indifesa”. Nel discorso, il Papa ribadisce anche il no, deciso, all’aborto.
Nel suo discorso, il Papa guarda soprattutto alle questioni di fondo, e sottolinea l’importanza del sistema sanitario pubblico nazionale, da lui definito “elemento imprescindibile per garantire il bene comune e la crescita sociale di un Paese”, specialmente “nel contesto della pandemia, che ha cambiato e cambierà il modo di programmare, organizzare e gestire la sanità e la salute. A questo proposito, vorrei indicarvi tre strade sulle quali proseguire il vostro impegno”.
Per indicare la strada del servizio, Papa Francesco si rifà alla parabola del buon samaritano, e in particolare la figura dell’albergatore, che mostra “due aspetti significativi del lavoro del farmacista ospedaliero: la routine quotidiana e il servizio nascosto”. Si tratta di “aspetti comuni a molti altri lavori”, e “proprio per questo, se sono accompagnati dalla preghiera e dall’amore, essi generano la santità del quotidiano”.
Quindi, il Papa indica la strada della professionalità, perché “insieme con il clinico, è il farmacista ospedaliero che ricerca, sperimenta, propone percorsi nuovi; sempre nel contatto immediato con il paziente”.
Per Papa Francesco, “si tratta della capacità di comprendere la malattia e il malato, di personalizzare le medicine e i dosaggi, confrontandosi talvolta con le situazioni cliniche più complesse”, tenendo conto “degli effetti complessivi, che sono più della semplice somma dei singoli farmaci per le diverse patologie”, in modi diversi (con l’incontro, o solo con la ricerca), ma sempre tenendo al centro la persona.