Padova , venerdì, 8. ottobre, 2021 18:00 (ACI Stampa).
Lo sguardo viene catturato e tenuto avvinto alla sottile forma di una betulla, mentre la sera scende a ricoprire della propria pesante coltre ogni cosa e la luce si ritira in un luogo misterioso: in quell’immagine si trasfonde la verità della poesia, che è tessuta in pochi versi: “a poco a poco ciò che si ignora non fa più male;/ così semplicemente era tutto: chiudere gli occhi e guardare. Il tempo che lacerava il suo cuore è ora immobile/ sogno ed ha un attimo solo”.
La poesia da cui sono tratti questi versi è contenuta nella raccolta antologica – la prima dedicata alla scrittrice Elena Bono (1921-2014) – e deve appunto il titolo a quel verso ricordato. Parliamo di “Chiudere gli occhi e guardare. Cento poesie e cento anni”, pubblicato ora dalla casa editrice Ares in occasione del centenario della nascita di questa scrittrice e poetessa tanto poco conosciuta quanto, invece, lo meriterebbe. Di lei sono noti soprattutto il romanzo La moglie del procuratore e alcuni dei suoi racconti. Le poesie, invece, sono rimaste, negli ultimi decenni, quasi del tutto in ombra. Eppure la sua è una voce luminosa della poesia del secondo Novecento, senza dimenticare che le prime prove di Elena Bono, i suoi esordi negli anni Cinquanta, la fecero diventare rapidamente un caso editoriale.
Ma per lei la ribalta del mondo della cultura risulta troppo affollata e “chiassosa”, troppo attenta a equilibri politici e giochi editoriali per farla decidere di partecipare a quella vita rumorosa e incandescente. Il suo modo di vedere le cose, il suo modo di concepire la vita e l’arte non sono assimilabili all’ideologia dilagante. Dunque, lei preferisce vivere appartata, vivere e scrivere nella sua Liguria, terra non nativa ma scelta con tutto il cuore, a cui sempre rimarrà fedele.
Da tempo si registra un’inversione di tendenza, con la riscoperta della sua opera. Dopo i capolavori di narrativa – il già citato La moglie del Procuratore (2015) e Morte di Adamo e altri racconti (2016) - si prosegue con la pubblicazione di poesie scelte. Nel centenario della nascita, la selezione delle liriche segue il filo narrativo e tematico che caratterizza l’opera della Bono: il costante riferimento all’amato mondo classico; la Seconda guerra mondiale; la contemplazione della natura; la spiritualità dell’Oriente. E naturalmente lo sguardo fisso all’Eterno, che si cela dietro le immagini fluenti dello scorrere della vita.
Ecco come la poetessa descrive la visione dei mosaici di Ravenna, una visione di bellezza terrena che spalanca le porte all’Invisibile: ecco i “cieli d’oro” contro i quali “risplendono le candide vesti dei Santi,/estatici gigli/ e all’infinito ne fiorisce il giardino”. Questa visione di bellezza è segno che rimanda ad una realtà più vera, quella che rimane, al di là di tutte le tragedie e tutte le vicende umane, che sono destinate a finire, ad essere come “acqua” che si chiude sopra di noi. Ma quello che è la salvezza è proprio questo: “restare là dove è ciò che non muore, eternamente immuni d'ogni timore”. Ed è “dolce cosa ascoltar la tempesta, /sognare di Dio che è nei cieli/ dal profondo del mare”.