Palermo , giovedì, 30. settembre, 2021 17:00 (ACI Stampa).
Sono trascorsi quindici anni dalla scomparsa dell’allora cinquantacinquenne monsignor Cataldo Naro, originario di San Cataldo (CL) – dov’è ora sepolto –, consacrato nel 2002 arcivescovo di Monreale, dove rimase a svolgere il suo ministero fino al 29 settembre 2006, giorno della sua improvvisa morte.
Egli era stato per circa vent’anni direttore del Centro Studi Cammarata di San Cataldo, impegnato in diverse mansioni presso la curia diocesana di Caltanissetta e nell’Istituto Teologico nisseno, mentre – al contempo – lavorava pure nel Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana e insegnava nella Facoltà Teologica di Sicilia a Palermo, di cui fu preside per due mandati consecutivi.
L’anniversario è stato ricordato ieri con una Messa celebrata a Monreale dall’arcivescovo Michele Pennisi, e con una concelebrazione eucaristica presieduta a San Cataldo dall’arcivescovo metropolita di Palermo, Corrado Lorefice, il quale ha conosciuto e apprezzato monsignor Naro per la sua poliedrica personalità, versatile in molteplici ambiti, da quello culturale a quello pastorale, da quello sociale a quello ecclesiale, da quello intellettuale a quello spirituale.
Difatti, il compianto presule fu lucidamente consapevole che la realtà in cui viviamo è plurale e complessa. Egli interpretava il presente secondo una logica di continuità nella discontinuità rispetto al passato: ciò che oggi sperimentiamo è ormai del tutto inedito rispetto a prima e perciò occorre viverlo con una mentalità nuova. Senza tuttavia dimenticare che gli odierni problemi più gravi, non meno delle speranze più promettenti, hanno comunque a che fare col passato. Per monsignor Naro, che fu storico di professione, studiare il passato significava trovarvi dentro le radici dei nostri limiti e delle nostre potenzialità, così da poter meglio superare i primi e valorizzare le seconde. Per questo motivo lo si può certamente ricordare con lo sguardo rivolto non indietro bensì in avanti, in vista del futuro, che egli desiderava bello e fecondo per le Chiese di Sicilia, per il cattolicesimo italiano e per il cristianesimo in Europa e nel mondo.