Città del Vaticano , lunedì, 27. settembre, 2021 12:07 (ACI Stampa).
“La crisi pandemica ha fatto risuonare ancora più fortemente tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri. Non possiamo essere sordi a questo duplice grido, dobbiamo ascoltarlo bene! L’esame delle numerose e gravi questioni emerse in questi ultimi due anni non è un compito facile”. Lo ha detto il Papa stamane ricevendo in udienza la plenaria della Pontificia Accademia per la Vita.
“Peggio di questa crisi – ha ribadito Francesco - c’è solo il dramma di sprecarla”. Bisogna “ascoltare attentamente la situazione, per poter favorire una vera e propria conversione e arrivare a precisare decisioni concrete per uscire dalla crisi migliori”.
“La crisi pandemica – ha detto ancora il Pontefice - ha messo in luce quanto è profonda l’interdipendenza sia tra di noi sia tra la famiglia umana e la casa comune. Le nostre società, soprattutto in Occidente, hanno avuto tendenza a dimenticare questa interconnessione. E le amare conseguenze sono sotto i nostri occhi. In questo passaggio d’epoca è dunque urgente invertire tale tendenza nociva, ed è possibile farlo mediante la sinergia tra diverse discipline. Occorrono conoscenze di biologia e di igiene, di medicina e di epidemiologia, ma anche di economia e sociologia, antropologia ed ecologia. Si tratta, oltre che di comprendere i fenomeni, anche di individuare criteri di azione tecnologici, politici ed etici riguardo ai sistemi sanitari, alla famiglia, al lavoro, all’ambiente. Tale impostazione è particolarmente importante nel campo della sanità, perché la salute e la malattia sono determinate non solo dai processi della natura ma anche dalla vita sociale”.
“Non basta – ha ammonito Papa Francesco - che un problema sia grave perché si imponga all’attenzione e venga così affrontato: tanti problemi molto gravi sono ignorati per una mancanza di impegno adeguato. Pensiamo all’impatto devastante di certe malattie come la malaria e la tubercolosi. Se compariamo questa realtà con la preoccupazione che la pandemia di Covid-19 ha provocato, vediamo come la percezione della gravità del problema e la corrispondente mobilitazione di energie e di risorse sia molto diversa. Facciamo bene a prendere tutte le misure per arginare e sconfiggere il Covid-19 sul piano globale, ma questa congiuntura storica in cui veniamo minacciati da vicino nella nostra salute dovrebbe farci attenti a ciò che significa essere vulnerabili e vivere quotidianamente nella precarietà. Potremo così renderci responsabili anche di quelle gravi condizioni in cui vivono altri e di cui finora ci siamo poco o per nulla interessati. Impareremo così a non proiettare le nostre priorità su popolazioni che abitano in altri continenti, dove altre necessità risultano più urgenti; dove, ad esempio, mancano non solo i vaccini, ma l’acqua potabile e il pane quotidiano. Fa piangere quando sentiamo governanti che consigliano agli abitanti della baraccopoli di igienizzarsi… ma non sei stato mai in una baraccopoli, non c’è né acqua né sapone, prendiamoci cura di queste realtà. Ben venga l’impegno per un’equa e universale distribuzione dei vaccini, ma tenendo conto del campo più vasto in cui si esigono gli stessi criteri di giustizia, per i bisogni di salute e promozione della vita”.
“Se esaminiamo, in diversi Paesi e in diversi gruppi sociali – ha aggiunto Francesco - la speranza di vita e di vita in salute scopriamo forti disuguaglianze. Noi affermiamo che la vita e la salute sono valori ugualmente fondamentali per tutti, basati sull’inalienabile dignità della persona umana. Ma, se a questa affermazione non segue l’impegno adeguato per superare le diseguaglianze, noi di fatto accettiamo la dolorosa realtà che non tutte le vite sono uguali e la salute non è tutelata per tutti nello stesso modo. Ripeto la mia inquietudine perché ci sia sempre un servizio sanitario gratuito. Non si perda, altrimenti avranno diritto alla cura solo chi può pagarla. Questa è una sfida molto grande”.