Città del Vaticano , venerdì, 17. settembre, 2021 13:30 (ACI Stampa).
La catechesi “non è una comunicazione astratta di conoscenze teoriche da memorizzare come fossero formule di matematica o di chimica. È piuttosto l’esperienza mistagogica di quanti imparano a incontrare i fratelli là dove vivono e operano, perché loro stessi hanno incontrato Cristo, che li ha chiamati a diventare discepoli missionari”.
Papa Francesco lo ha detto nella udienza concessa questa mattina in Vaticano ai partecipanti all’Incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione su “Catechesi e Catechisti per la Nuova Evangelizzazione”.
Il primo annuncio dice il Papa, “non può mai trovarci stanchi né ripetitivi nelle varie fasi del cammino catechistico. Per questo ho istituito il ministero di catechista. Perché la comunità cristiana senta l’esigenza di suscitare questa vocazione e di sperimentare il servizio di alcuni uomini e donne che, vivendo della celebrazione eucaristica, sentano più viva la passione di trasmettere la fede come evangelizzatori”.
Il Papa ha proposto la sua esperienza: “Ricordo con amore le due catechiste che mi hanno preparato per la Prima Comunione, e ho continuato il rapporto con loro da sacerdote e anche, con una di loro che è viva ancora, da vescovo. Sentivo un grande rispetto, anche un sentimento di ringraziamento, senza esplicitarlo, ma si sentiva come una venerazione. Perché? Perché erano le donne che mi avevano preparato per la Prima Comunione, insieme a una suora. Questa esperienza voglio dirvela perché per me è stata una cosa bella, accompagnarle fino alla fine della loro vita, ambedue. E anche la suora, che mi ha preparato alla parte liturgica della Comunione: è morta, e io sono stato lì, con lei, accompagnandola. C’è una vicinanza, un legame molto importante con i catechisti”.
Il Papa ha di nuovo portato ad esempio Cirillo e Metodio che hanno “inventato nuovi linguaggi, nuovi “alfabeti”, per trasmettere il Vangelo, per l’inculturazione della fede. Questo chiede di saper ascoltare la gente, i popoli a cui si annuncia: ascoltare la loro cultura, la loro storia; ascoltare non superficialmente, pensando già alle risposte preconfezionate che abbiamo nella valigetta, no!”.