Budapest , domenica, 12. settembre, 2021 16:00 (ACI Stampa).
L’altare era più in alto delle statue, la vigilia c’erano stati 100 mila uomini in adorazione davanti all’Eucarestia, e il Cardinale Pacelli, dopo la Messa conclusiva, volle persino rendere omaggio alla corona di re Stefano. Ma nel Congresso Eucaristico Internazionale che ebbe luogo a Budapest nel 1938 c’era anche un qualcosa che stava fiorendo, un seme di santità: era il Cardinale Mindszenty, allora semplice sacerdote. Sulla strada Andrássy, c’era anche lui tra i confessori che instancabilmente ricevevano fedeli.
Quel Congresso Eucaristico rappresentò forse l’ultimo seme di speranza in una Europa in cui spiravano venti di guerra. Mindszenty aveva già abbandonato il suo cognome, di origini tedesche, in opposizione con la pressione germanofila delle autorità asburgiche, assumendo quello che ricordava il suo Paese di origine. Tra via Andrássy e piazzale degli Eroi, dove si celebrava la Messa, forgiò in qualche modo la sua identità cristiana. Nel 1944, Pio XII lo avrebbe nominato vescovo di Veszprem nel 1944, e poi promosso alla sede primaziale di Esztergom nel 1945 e creato cardinale nel 1946.
Era stato arrestato come sacerdote dai comunisti di Bela Kun già nel 1919, e fu arrestato di nuovo dai nuovi dominatori sovietici, trascorrendo in prigione tra il 1949 e il 1954. La prigione di Via Conti è un altro dei luoghi di Mindszenty a Budapest. Lì visse gli anni più pesanti della sua vita, incarcerato dopo essere stato costretto a rendere una confessione che non aveva basi.
E fu in quella cella che avvenne la bilocazione di padre Pio. Mindszenty non poteva celebrare Messa, non poteva avere libri sacri, le guardie avevano l’ordine di fermarlo ogni volta che lo avessero visto pregare.
Padre Pio fu lì con lui, celebrò la Messa, gliela servì, e parlò un po’ con lui. La storia è stata raccontata da Stefano Campanella, direttore di Tele Radio Padre Pio, nel libro Padre Pio. La sua chiesa, i suoi luoghi, tra devozione, storia e opere d’arte (Edizioni Padre Pio da Pietrelcina), che narra i ricordi di Angelo Battisti, che era uno stretto collaboraore del Sano