Prima del suo incarico in Sud Sudan, Trotto è stato ambasciatore in Senegal, Mali, Capo Verde e Guinea Bissau. È stato anche per quattro anni console generale a Città del Capo, in Sudafrica. Trott è dunque un esperto del continente africano, e sarà probabilmente quello il tema di maggiore cooperazione per la Santa Sede.
Diplomatico dal 1991, Trott ha anche servito nelle rappresentanze di Birmania, Giappone, Afghanistan e Pacifico del Sud.
FOCUS SEGRETARIO DI STATO
Il Cardinale Parolin al Bled Strategic Forum
Il 31 agosto e l’1 settembre il Cardinale Pietro Parolin è stato in Slovenia, dove ha partecipato ad un panel sul Futuro dell’Europa al Bled Strategic Forum. Si trattava di un dibattito di alto livello, che includeva i primi ministri dell’area dei Balcani e del Centro Europa, il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli e il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel.
Organizzato dalla Slovenia dal 2006 a cadenza annuale, definito una sorta di “Davos Regionale”, il forum ha l’obiettivo di essere una piattaforma che esprima opinioni controcorrente sulla società moderna e il suo futuro. La conferenza raggruppa leader dell’Europa Centrale e Sud Orientale, e include centinaia partecipanti, rappresentanti politiche uomini di affari, think tank ed Ong.
Cosa ha detto dunque il Cardinale Parolin al Bled Strategic Forum? Durante il panel, è intervenuto in tutti i giri di discussioni. Prima di tutto, ha sottolineato che “la
politica per la visione cristiana è un servizio. Paolo VI diceva che la politica è la più alta forma di servizio alla persona e alle comunità e alle società. Cerca e implementa il bene comune, il bene di ogni persone e di tutte le persone della comunità”.
Quindi, la discussione è virata sul tema dell’immigrazione. Il Cardinale Parolin ha detto che si tratta di un tema che ha molte sfaccettature, e che Papa Francesco ne ha parlato molto spesso, e chiesto di partire dal principio della realtà.
“La migrazione – ha detto il Cardinale Parolin - è un problema comune. Nessuno Stato, nessun governo deve essere lasciato solo. Ci vuole una politica comune dell’Unione Europea”. Il Cardinale ha chiesto però anche un “approccio concreto”, che tenga conto anche dei valori, e questi sono “accogliere gli altri e vivere in concreta fraternità”.
Parlando di demografia, il Cardinale Parolin ha detto con forza che “l’Unione Europea deve portare avanti una politica molto forte sulla famiglia. Si devono mettere in campo politiche concrete prima possibile”.
Quindi, il Segretario di Stato vaticano ha notato che “il futuro dell’Europa dipende moltoo nella nostra capacità di rafforzare e rinvigorire la sua identità, una identità radicata negli ideali dei Padri Fondatori, che sono alla base di questo progetto. Molte di queste idee e suggerimenti sono cristiani. Non dimenticate che l’Europa ha alla base queste radici cristiane”.
Il Cardinale ha anche sostenuto la necessità di costruire un’autonomia strategica dell’Ue, che significa che "i Paesi europei dovrebbero vedersi come partner, e non come concorrenti, o come colonizzatori” e che "l’autonomia strategica dovrebbe restare aperta a una più ampia cooperazione con altre Nazioni".
Il Cardinale ha quindi invitato a “mantenere un dialogo aperto e trasparente con le Chiese e con le associazioni religiosi che è già stabilito dall’articolo 17”. E si è detto ottimista che il futuro dell’Europa sarà brillante.
Parlando con i giornalisti dopo il suo intervento, il Cardinale ha anche notato gli ottimi rapporti tra Slovenia e Santa Sede, dicendosi colpito dell’insisetnza slovena nel volerlo al panel. Il Cardinale ha anche affrontato lo spinoso tema della situazione in Afghanistan.
Il Cardinale Parolin con il Primo Ministro sloveno
Il 31 agosto, il Cardinale Parolin si è incontrato con il Primo ministro sloveno Janez Jansa. Secondo un comunicato del governo, il Segretario di Stato vaicano e il primo ministro hanno discusso delle priorità del semestre della presidenza slovena per il semestre, dei rapporti tra Slovenia e Santa Sede, della situazione epidemiologica nel Paese, in Europa e nel mondo e di vari temi di attualità”.
Il Cardinale Parolin al santuario di Brezje
Il Primo Ministro, accompagnato dalla moglie, ha poi partecipato alla Messa celebrata dal Cardinale Parolin nel santuario mariano di Brezje, a 25 anni dalla visita di San Giovanni Paolo II.
Nella sua omelia, il Cardinale Parolin ha ricordato il trentennale dell’indipendenza slovena (la Santa Sede fu il secondo Paese a riconoscerla), che fu salutata con favore da Giovanni Paolo II nel suo viaggio. Il Papa polacco aveva ribadito "il diritto dei popoli alla autodeterminazione" e incoraggiato il popolo a "cercare nelle più salde virtù e nella fede cristiana, la forza per costruire tutti insieme il vostro futuro".
Il Cardinale ha ricordato l’ingresso della Slovenia nell’Unione Europea nel 2004, e menzionato il forum di Bled sul futuro dell’Europa.
“Anche San Giovanni XXIII – ha ricordato il cardinale - nell’Enciclica Pacem in Terris ricorda i fondamenti solidi sui quali costruire la nostra casa: verità, giustizia, libertà e amore. Sono queste le granitiche rocce che permettono alla nostra casa di non crollare! Allora, l’invito che ci rivolge Gesù nel Vangelo diventa per noi qui riuniti, ognuno secondo la sua vocazione e la sua responsabilità, impegno a costruire sempre più questo Paese, a 30 anni dall’indipendenza, l’Europa unita e la comunità internazionale sulla roccia della Parola di Dio, cioè sui fondamenti della verità, della giustizia, della libertà e dell’amore”.
Il Segretario di Stato vaticano ha dunque chiesto di mettere in luce la verità laddove è “manipolata, nascosta e negata”, di considerare la libertà non solo come libertà da “ogni forma di schiavitù e oppressione”, ma anche “libertà per fare il bene” e la “libertà religiosa, cuore di ogni diritto umano”.
La Santa Sede è molto attenta alla situazione in Corea, e l’arcivescovo Lazzaro You, prefetto della Congregazione del Clero, ha auspicato più volte un viaggio del Papa in Corea del Nord.
Il Cardinale Parolin all’International Catholic Legislators Network
C’è stato anche il Cardinale Parolin, all’incontro dell’International Catholic Legislators Network della scorsa settimana. Il gruppo, guidato dal Cardinale Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna, aveva incontrato Papa Francesco il 27 agostoe si è riunito quest’anno per parlare delle sfide della tecnologia. L’incontro è a porte chiuse, e quest’anno era dedicato a “Scienza. Tecnologia e futuro della libertà e della democrazia: delineare la nostra visione per vivere in dignità e libertà”.
Nella sua visita, il cardinale ha anche tenuto un discorso, ovviamente non distribuito, di cui però si possono delineare alcuni temi.
Il Cardinale ha affrontato il tema della dittatura del relativismo, considerata “viva e in buona salute oggi”, e che rende così la questione dell’identità centrale per la politica. Il Cardinale ha sottolineato che il bisogno per una identità cristiana è radicato nella verità, nella fede, e nell’incontro. Ha ricordato che Papa Francesco ha messo in luce che “la soluzione non è nel relativismo”, e dipinto una situazione arbitraria che ci ha resi “frustrati e arrabbiati”, perché slegati dalla verità che impedisce anche un autentico dialogo, pluralismo e leadership.
Ai politici cattolici, il Segretario di Stato vaticano ha rimarcato che la nostra identità e le nostre radici sono in Cristo, e ha fatto due esempi pratici.
Il primo è stato la questione delle migrazioni, che non deve far dimenticare che l’incontro con ogni migrante è un incontro con Cristo, e che porta così la Chiesa ad affermare, sì, il diritto dei governi di gestire i loro confini, ma anche il loro obbligo di assicurare il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza.
Il secondo esempio ha riguardato la libertà religiosa. Il Cardinale ha notato che alcune delle violazioni di libertà religiosa vengono da una generale mal comprensione del significato di liberà umana, come si può notare nei casi di alcune espressioni del politicamente corretto anche in alcune agende che vogliono silenziare la Chiesa al punto da definire i cristiani come portatori di odio o intolleranti.
Il cardinale ha quindi affermato che la crisi che affrontiamo non è politica, tecnologica o democratica, ma una crisi di verità.
L’intervento del Cardinale al Forum per la Pace della Corea
Il Korea Global Forum for Peace si è tenuto quest’anno dal 31 agosto al 2 settembre, sul tema “una nuova visione delle relazioni intercoreane e della comunità. Per la pace, l’economia e la vita”. Organizzato ogni anno dal Ministero dell’Educazione della Repubblica di Corea, quest’ anno l’evento ha visto la partecipazione del Cardinale Pietro Parolin, che ha inviato un lungo videomessaggio in cui ha puntato il dito contro la costruzione di “una pace negativa”, vale a dire l’assenza di guerra, chiedendo invece di definire “la pace in termini positivi, come la promozione delle cose che ci uniscono”.
L’intervento del Cardinale Parolin si concentra sul contributo che possono dare le Chiese. Cita la Populorum Progressio di Paolo VI nel passaggio in cui si chiede di “creare le condizioni per lo sviluppo integrale dell’umanità”, e ricorda San Giovanni XXIII e la sua attenzione ai valori universali che uniscono le persone, passando poi per la dichiarazione Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II in cui si sottolinea che la pace “è più che l’assenza di guerra”.
Il tema centrale è però il concetto di perdono. Il Cardinale Parolin spiega che “la riconciliazione non avviene da sola”, serve quel “principio di reciprocità”, per cui “le due parti devono essere d’accordo nel volersi riconciliare e accettare di ricevere il perdono dell’altro...”. “Non c’è pace senza perdono!”, ha chiosato il Cardinale Parolin. Parolin, E ha aggiunto: “Solo un’umanità in cui regni la ‘civiltà dell’amore’ potrà godere di una pace autentica e duratura".
FOCUS NUNZIATURE
Armenia, inaugurata la sede della nunziatura apostolica
L'ufficio della rappresentanza pontificia in Armenia ha aperto le sue porte a Yerevan l’1 settembre, e presto ci sarà una inaugurazione ufficiale della sede. Con l’ufficio, la Santa Sede rafforza la sua presenza sul territorio armeno.
Fino ad ora, non c’è stata una sede della nunziatura in Armenia. La rappresentanza diplomatica della Santa Sede ha una nunziatura a Tbilisi, in Georgia, che segue anche l’Armenia. Fino al 2017, l’incarico di nunzio in Azerbaijna competeva al nunzio presso Armenia e Georgia, riunendo così tutte le rappresentanze pontificie del Caucaso.
Anche a motivo delle tensioni nella regione, sfociate poi nel nuovo conflitto in Nagorno Karabakh, Papa Francesco ha separato Armenia e Georgia dall’Azerbaijan, e il compito di nunzio a Baku è spettato all’arcivescovo Paul Fitzpatrick Russel, nunzio in Turchia e Turkmenistan.
La sede è dunque ad Ankara. La scelta ora di aprire un ufficio della nunziatura, presumibilmente con un consigliere, a Yerevan segnala una particolare attenzione del Papa all’Armenia in questa particolare fase della storia.Il Papa ha dato l’ok a questa decisione durante una udienza privata con l’arcivescovo Bettencourt lo scorso 26 marzo. L’incontro era parte di una ampia agenda del nunzio, a Roma per vari incontri istituzionali.
Due nunzi vanno in pensione
Lo scorso 31 agosto, è stata annunciata la rinuncia, per raggiunti limiti di età dell’arcivescovo Augustine Kasujja, nunzio in Belgio e Lussemburgo, e dell’arcivescovo Luigo Pezzuto, nunzio in Bosnia Erzegovina e Montenegro.
Le rinunce dei nunzi apostolici sono pubblicate dal bollettino della Sala Stampa della Sede in seguito alle nuove norme stabilite dal Motu proprio “Imparare a congedarsi”, pubblicato il 15 febbraio 2018. Secondo il motu proprio, i nunzi seguono la stessa procedura di vescovi e capi Dicastero della Curia non cardinali: anche i rappresentanti pontifici “non cessano ipso facto dal loro ufficio al compimento dei settantacinque anni di età, ma in tale circostanza devono presentare la rinuncia al Sommo Pontefice”. Per essere efficace, la rinuncia dev’essere accettata dal Papa.
L’arcivescovo Kasujja, ugandese, ha compiuto 75 anni lo scorso aprile. Sacerdote dal 1973, è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1979, e ha servito nelle nunziature di Argentina, Haiti, Bangladesh, Portogallo, Perù, Trinidad e Tobago, Algeria, Tunisia e Maurizio.
Primo nunzio africano di colore, è stato “ambasciatore del Papa” in Tunisia e Algeria dal 1988 al 2004, quando fu nominato nunzio in Madagascar e alle Seychelles e Maurizio, e delegato apostolico nelle Comore e Reunion.
Nel 2010, è stato nominato nunzio apostolico in Nigeria e osservatore permanente all’ECOWAS, ed era nunzio apostolico in Belgio dal 2016.
Anche l’arcivescovo Pezzuto ha compiuto 75 anni ad aprile. Sacerdote dal 1971, nel servizio diplomatico della Santa Sede dal 1978, ha servito nelle nunziature di Ghana, Paraguay, Papua Nuova Guinea, Brasile, Senegal, Ruanda e Portogallo. Nel 1995 è stato incaricato di affari della Repubblica del Congo e in Gabon, e il suo rango è stato elevato a quello di nunzio nel 1996.
Nel 1999, è stato nominato nunzio in Tanzania, e nel 2005 è stato inviato come “ambasciatore del Papa” in Salvador e Belize. Era nunzio apostolico in Bosnia Erzegovina e Montenegro dal 2012, cui ha aggiunto dal 2016 al 2019 l’incarico di nunzio apostolico presso il Principato di Monaco.