Rimini , sabato, 28. agosto, 2021 11:00 (ACI Stampa).
Prendendo il titolo da uno dei racconti di famiglia più divertenti e, allo stesso tempo, commoventi dell’opera di Giovannino Guareschi, l’ormai tradizionale appuntamento al Meeting in svolgimento a Rimini con ‘parole e musica’ proposto dall’associazione culturale ‘Gruppo Amici di Giovannino Guareschi’ ha avuto come tema il lavoro nelle pagine dello scrittore bussetano.
I racconti sono stati letti da Gianni Govi, attore e regista della compagnia ‘Dialettale sissese’, dall’attore Enrico Beruschi e da Egidio Bandini, giornalista e presidente del ‘Gruppo Amici di Giovannino Guareschi’, con l’intervento di don Giancarlo Plessi, parroco di Besenzone, Bersarno, Mercore e presidente del Centro spirituale ‘Manfredini’ di Piacenza e l’accompagnamento musicale dei maestri Eugenio Martani, clarinettista, e Corrado Medioli, fisarmonicista.
Il lavoro, quindi, al centro dell’opera di Guareschi: a partire dal ricordo di quel 1 maggio 1908 in cui venne alla luce nella bassa parmense, vedendo un primo sole “che era un sole politico, sentendo le note dell’inno dei lavoratori. Perché ora quando le odo mi prende un’accorata nostalgia?” E poi il suo lavoro: scrittore, giornalista, sceneggiatore e disegnatore; il lavoro di Peppone, fabbro, meccanico (anche di precisione) e sindaco, e quello di don Camillo, sacerdote, parroco, ma, all’occorrenza, manovale e contadino.
Tutto questo per raccontare come fosse tenuto in conto da Guareschi il lavoro, la volontà di lavorare e, soprattutto, il binomio (per lui inscindibile) del lavoro con la vita, tantoché, nella breve autobiografia per il risvolto dei suoi libri, scrisse: ‘Cominciai così a lavorare per vivere e presi, appunto, il grave vizio di lavorare per vivere e non me ne sono ancora liberato’.
Ad Egidio Bandini abbiamo chiesto di spiegarci cosa era il lavoro per Guareschi: “Per Giovannino Guareschi il lavoro era il simbolo della dignità di una persona: fin da giovanissimo, quando iniziò a fare mille mestieri, prima di quello del giornalista, disse di sé: ‘… presi, appunto, il grave vizio di lavorare per vivere e non me ne sono ancora liberato’. Ciò che Guareschi possedeva, teneva a dirlo, era frutto del lavoro: un lavoro che faceva con passione e con coraggio; un lavoro che amava disperatamente, tanto che, nei suoi sessant’anni di vita, ne visse almeno 120, proprio perché lavorò tantissimo!”