Venezia , venerdì, 13. agosto, 2021 16:00 (ACI Stampa).
Il ragazzo, che tutti chiamano Ganbeto, apre gli occhi e gli sembra di stare dinanzi ad una apparizione: eccola, l’isola di cui ha tanto sentito parlare dal “nono” Caronte e dai “veci” del suo paese, l’isola dei sogni, delle Mille e una notte, materializzata davanti a lui.
Finalmente ci è arrivato, a Pellestrina, e la sua vita, in qualche modo, sta per cambiare, perché l’orizzonte si è allargato, è diventato più vasto, il mare potrebbe portarlo chissà dove.
A Pellestrina ci sono tesori nascosti, per esempio lo sguardo per la prima volta capace di scuoterlo fino all’anima di una ragazza, ed è questo uno dei primi segni del grande cambiamento avvenuto in lui. Il racconto di una stagione irripetibile della vita, del sogno e del desiderio di diventare grandi, una tradizione e una civiltà che stanno per scomparire, quella dei barcari, trasportatori lungo i fiumi nel Veneto contadino e marinaro che verso la fine degli anni Cinquanta sta per cedere il posto ad una rapida e in un certo senso estraniante trasformazione in società industrializzata, sono tra gli elementi caratterizzanti dell’ultimo romanzo di Paolo Malaguti, scrittore apprezzato originario di Monselice, in provincia di Padova, che con questo romanzo intitolato “Se l’acqua ride” ha conquistato moltissimi lettori e si è guadagnato la selezione per il Premio Campiello. Una comprimaria del romanzo è proprio l’isola di Pellestrina, tra Chioggia e il Lido di Venezia, inseguita dal protagonista del romanzo di Malaguti e che riscopriamo grazie al filo rosso nascosto in queste pagine.
Pellestrina appare davvero come un luogo da visione, quasi fiabesco, quando la si raggiunge lasciandosi alle spalle la vita convulsa, il rumore, le folle accalcate nel litorale veneziano. Silenziosa, con turisti che camminano in silenzio o pedalano allegramente, tra le case basse e variopinte, gli orti, i giardini minuscoli e curatissimi, e poi, al di là della strada che l’attraversa tutta, il mare aperto, i “murazzi”, costruiti a protezione dell’isola e le spiagge quasi allo stato brado, senza stabilimenti balneari, con rari ombrelloni e capannette costruite dagli abitanti del luogo, un mare cristallino in cui tuffarsi e, per qualche momento, sentirsi in un altro mondo, quello primigenio e felice del mito, di un tempo senza tempo.
Pellestrina è una lingua di terra stesa tra mare e laguna, lunga 11 chilometri e mezzo e larga al massimo un chilometro. In uno spazio così ristretto nei secoli gli abitanti “sono riusciti a costruire cinque chiese, due capitelli e due cimiteri”, e altre due chiese in epoca più recente, come viene sottolineato nel libro Pellestrina, scritto da Giorgio Crovato, Mariavittoria Tagliapietra e Rita Vianello, un ritratto- storia-guida di quest’isola così particolare. Insomma, qui esiste un’alta concentrazione di chiese e di luoghi preghiera, segno inconfondibile della vocazione religiosa vivissima.