Atene , lunedì, 26. ottobre, 2015 9:00 (ACI Stampa).
Sviluppare la democrazia, per evitare che la stessa democrazia possa legittimare ideologie estremiste e fondamentaliste. È la ricetta della Santa Sede per il Medio Oriente, delineato dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri vaticano” lo scorso 19 ottobre ad Atene, parlando ad un incontro sul tema “Il pluralismo religioso e culturale e la coesistenza pacifica in Medio Oriente.”
I temi sono quelli sviluppati dalla Santa Sede in anni di presenza. L’arcivescovo Gallagher ricorda che c’è stato un altro Sinodo, quello per il Medio Oriente, che ha affrontato questi temi. Era il 2010. Poco dopo, iniziò la cosiddetta “primavera araba.” Già nell’esortazione post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente” si parlava dell’esodo dei cristiani dalle terre della tradizione e di molti altri problemi che si sono rivelati drammaticamente attuali. L’esortazione fu firmata e consegnata da Benedetto XVI in Libano nel settembre 2012, durante il suo viaggio apostolico.
“Non ha sorpreso il fatto che il documento pontificio sia stato consegnato in Libano, poiché questo Paese occupa un posto speciale nel cuore dei Papi che si sono succeduti e della Chiesa cattolica,” spiega l’arcivescovo Gallagher, che – come già fece Giovanni Paolo II prima di lui – sottolinea l’importanza del Libano come esempio per tutto il Medioriente. “Il messaggio del Libano continua a essere valido per il futuro del Medio oriente e, pertanto, la risoluzione della crisi costituzionale è urgente non soltanto per il Paese, ma per l’intera regione mediorientale”, afferma l’arcivescovo Gallagher.
Come promuovere la coscienza pacifica in Medio Oriente? Al primo punto, il “ministro degli Esteri” vaticano mette il rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa e di coscienza, perché la religione è “un elemento fondamentale del tessuto sociale.” Afferma l’arcivescovo Gallagher: “La libertà religiosa è un diritto umano intrinseco e non è affatto incompatibile con la costruzione di società sulla base della cittadinanza comune, anzi è inaccettabile che persone credenti, a prescindere dalla loro fede, debbano reprimere una parte di sé — la loro fede — per essere cittadini attivi.”
L’arcivescovo mette in luce che i cristiani sono pronti ad essere cittadini degli Stati del Medio Oriente, a fianco “dei loro concittadini musulmani,” nell’intento di “costruire società che rispettino i diritti umani di tutti i cittadini.”