Città del Vaticano , lunedì, 2. agosto, 2021 14:00 (ACI Stampa).
Uno dei modi in cui una istituzione racconta se stessa è il cerimoniale. Perché i gesti, le precedenze accordate, i movimenti del cerimoniale sono un linguaggio strutturato, preciso, simbolico e per questo completo. Dietro il cerimoniale c’è una storia, che è ineludibile, e una ratio, che va compresa. Se questo ragionamento vale per tutte le istituzioni, vale ancora di più per la Santa Sede. Perché la Santa Sede esprime una realtà peculiare dotata di sovranità, personalità giuridica internazionale, ma caratterizzata da una missione universale morale e religiosa. E allora tutto, ogni dettaglio, deve essere al servizio della dimensione religiosa, e deve risaltare l’immagine del Sommo Pontefice, che è il vicario di Cristo in Terra.
Monsignor Stefano Sanchirico, attualmente officiale dell’Archivio Apostolico Vaticano, è stato prima cerimoniere pontificio e poi per anni alla Prefettura della Casa Pontificia svolgendo il servizio di prelato d’anticamera. In questi servizi si è potuto occupare delle cerimonie pontificie e della quotidiana attività dell’anticamera del Papa nella quale una parte significativa hanno le visite e le udienze visite a capi di stato e dignitari, stando bene attento che ogni cosa, anche le eccezioni dettate dalle necessità continuassero a raccontare, con il linguaggio particolare del cerimoniale, una istituzione universale come la Chiesa Cattolica.
Monsignor Sanchirico spiega l’importanza del cerimoniale citando un autore che gli sta a cuore, l’imperatore Costantino Porfirogenito, che nel X secolo aveva redatto il Cerimoniale dell’Impero Bizantino.
“A noi sta molto a cuore – scriveva questi - come opera che è degna di un’attenta e paziente applicazione – quella del cerimoniale – specie nel considerare che il suo argomento, per chi attende alla pubblica salute, costituisce oggetto di singolare interesse, giacché solo in virtù di un ordine lodevole il potere imperiale apparirà più maestoso, configurandosi più grande il suo prestigio, così da suscitare
l’ammirazione dei popoli stranieri e dei sudditi, e pertanto il consenso”.