Roma , sabato, 17. luglio, 2021 10:00 (ACI Stampa).
In questi mesi estivi sono molte le comunità diocesane che festeggiano i propri patroni. Occasioni per riscoprire tradizioni, condividere momenti di preghiera anche se con tante difficoltà a causa della pandemia che proprio negli ultimi giorni sta evolvendosi con un aumento dei contagi su tutto il territorio nazionale.
In molte diocesi continua a rimanere il divieto delle processioni nelle feste patronali. Le comunità dovranno limitarsi alle sole celebrazioni liturgiche. In Calabria, nella diocesi di Locri-Gerace, il vescovo Francesco Oliva, ha scritto una lettera al clero e ai fedeli per confermare la sospensione delle processioni e di tutte quelle manifestazioni legate alla pietà popolare che possono creare assembramenti. “Non potendo assicurare nello svolgimento delle processioni il rispetto delle misure precauzionali determinate dalle Autorità sanitarie, civili e religiose”, scrive il presule “confermo la sospensione fino a nuovo provvedimento. Nel rispetto della norma del distanziamento fra le persone attualmente vigente, diventa infatti impossibile organizzare processioni, trasferimento pubblico di immagini sacre, fiaccolate o momenti di preghiera che rischiano assembramenti. Pertanto le feste patronali si devono limitare alle sole celebrazioni liturgiche”.
Oliva invita quindi a provare a “vivere i momenti di festa con sobrietà,
privilegiando gesti significativi di carità soprattutto verso coloro che, a causa della pandemia e della precarietà del lavoro, vivono situazioni di grave disagio. Sappiamo bene che la carità è la migliore destinazione dell’obolo della vedova. Lasciamoci guidare da prudenza, consapevolezza e responsabilità. La prudenza ci aiuta a prenderci cura di noi stessi e degli altri. La consapevolezza allontana da noi l’ingenuità di pensare che tutto sia finito, e ci porta a guardare in faccia le conseguenze che la pandemia ha provocato nella vita delle persone e delle famiglie sul piano della salute fisica, psicologica e relazionale, come anche a livello economico. La responsabilità c’invita a fare passi concreti per superare sospetti e paure che ci isolano gli uni dagli altri e per abbracciare uno stile di vita solidale e rispettoso verso quanti sono in difficoltà, evitando sprechi e condividendo quanto possiamo”.
A Lecce l’arcivescovo, Michele Seccia, agli inizi del mese – prima della ripresa dei contagi – avev inviato una nota per invitare ad una responsabile ripresa delle celebrazioni all’aperto purché ci sia il necessario distanziamento. Intanto in questi giorni si è celebrato a Palermo il 397mo festino di santa Rosalia che rimanda al 1624. Quando, come scrive il parroco della cattedrale di Palermo, mons. Filippo Sarullo, la città “veniva infestata dalla peste che seminava morte e distruzione”. Da qui la richiesta di intercessione della Santa: “Le sue reliquie rinvenute sul Monte Pellegrino il 15 luglio del 1624 e portate in processione il 9 giugno 1625, placarono le malattie e improvvisamente la peste svanì”.
“In modi che comprendiamo e in modi che non comprendiamo, la storia ci insegna che Dio si prende cura dell’uomo, continuamente lo cerca e lo ricerca”, ha detto l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, nel suo messaggio alla città evidenziando che “ad ogni calamità – e conosciamo bene la durezza di questa pandemia che sembra lasciarci eppure continua a minacciarci – Dio ci fa capire che abbiamo dimenticato la gratitudine e la vita nuova che Egli ci apre e ci chiede”. “Come i nostri giovani spesso danno ascolto con maggiore fiducia ai messaggi dei loro coetanei – ha quindi aggiunto il presule palermitano - allo stesso modo Dio manda a noi i Santi come compagni e maestri. Santa Rosalia, con la sua dolcezza di sorella e di tenera amica, è come se fosse stata mandata tra di noi per renderci più comprensibile, per invitarci ad accogliere il suo messaggio di amore e di felicità”.