Budapest , lunedì, 5. luglio, 2021 16:00 (ACI Stampa).
Niente sarebbe stato più come prima, dopo quella rivolta di Budapest del 1956. Non sarebbe stato lo stesso per il Cardinale Jozef Mindszenty, tornato in libertà e costretto poi a rifugiarsi all’ambasciata degli Stati Uniti a Budapest per non essere stato di nuovo arrestato. Non sarebbe stato lo stesso per l’Ungheria, che sarebbe tornata sotto dominio sovietico e vi sarebbe rimasta fino a l989. Non sarebbe stato lo stesso per quanti avevano sperato che qualcosa si potesse muovere dopo la Cortina di Ferro.
Papa Francesco passerà brevemente in Ungheria per celebrare la Messa conclusiva del Congresso Eucaristico Internazionale. Non la ha descritta come una visita pastorale, non ci saranno visite particolari. Eppure, c’è molto in quell’Ungheria da celebrare quest’anno. A partire proprio da quella rivolta di Budapest, che scosse il mondo, e ovviamente scosse la Santa Sede. Tanto che Pio XII, dedicò alla rivolta tre brevi encicliche e un radiomessaggio, con un dispiegamento di forze e energie che anche oggi appare essere enorme.
La rivoluzione ungherese, o rivolta di Budapest, durò dal 23 ottobre al 10-11 novembre 1956. Fu un periodo di rinascita dell’Ungheria, i cui giovani avevano cominciato a ribellarsi al dominio sovietico. Inizia con una protesta di migliaia studenti in sostegno degli studenti di Poznan, in Polonia, le cui manifestazioni erano state represse, diventa una rivolta contro la dittatura di Matyas Rakosi e il dominio sovietico partecipata da milioni di persone, ottiene maggiori libertà dal governo guidato da Imre Nagy, che si identifica con la rivolta, finisce repressa nel sangue dai sovietici.
Tutte le vicissitudini della rivolta vengono seguite passo dopo passo da Pio XII, che addirittura, tra il 28 ottobre e il 5 novembre 1956, pubblica tre breve encicliche e un radiomessaggio centrati sui fatti ungheresi. Senza dimenticare la lettera che inviò al Cardinale Jozef Mindszenty per la sua liberazione – che fu breve.
Pio XII, d’altronde, aveva grande attenzione per le Chiese dell’Est europeo, cui aveva dedicato il 29 giugno 1956 l’enciclica Dum Maerenti animo (Mentre con l’animo afflitto).