Città del Vaticano , lunedì, 5. luglio, 2021 10:00 (ACI Stampa).
Quando nel 1936 iniziarono i lavori di demolizione della “Spina di Borghi” la gente di Roma non fu felice. Basta citare una frase di un romano famoso Alberto Sordi che ricorda “Avevo quattro anni quando vidi per la prima volta San Pietro e fu proprio per il Giubileo del 1925. Ero in compagnia di mio padre, venivamo da Trastevere, dove ero nato in via San Cosimato e dove vivevo con la mia famiglia. Arrivammo percorrendo i vicoli, che poi furono distrutti, di Borgo Pio (sic): un ammasso di casupole, piazzette, stradine. Poi, dietro l'ultimo muro di una casa che si aprì come un sipario, vidi questa immensa piazza. Il colonnato del Bernini, la cupola. Un colpo di scena da rimanere a bocca aperta. Ecco, quello che ricordo di più di quel Giubileo fu questa sorpresa”.
Ecco, il quartiere demolito alla fine degli anni ’30 del ‘900 era destinato da tempo ad essere distrutto, ma intanto invece era stato il cuore della vita dei romani che lavoravano per il Papa.
Ci sono progetti della sistemazione dei Borghi firmati da Carlo Fontana nel 1694, da Valadier nel 1812, da Busiri Vici nel 1886 fino ai progetti di Piacentini e Spaccarelli che negli anni ’50 crea l’effetto scenografico di oggi. Non un solo progetto, ma diversi.
La zona di Borgo, come si chiama ancora oggi, ha origine antichissime come del resto tutta la zona del Vaticano. Una zona che nel VI secolo avanti Cristo aera considerata dai romani la riva etrusca del Tevere. Era una zona di confine con Veio, la rivale che venne sconfitta nel 396 aC.
Ma quella zona “al di là del Tevere” rimase per secoli un luogo poco piacevole, tanto che Tacito scrive del suo pessimo clima e del pessimo vino.