Città del Vaticano , giovedì, 10. giugno, 2021 11:00 (ACI Stampa).
A 30 anni dall'Accordo di Belaveza che sanciva la dissoluzione dell'URSS,
un ampio studio indaga il contributo di papa Giovanni Paolo II alla rinascita del cattolicesimo
La parabola dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche si chiuse trenta anni fa con l’ Accordo di Belaveža, dell’ 8 dicembre 1991, aprendo una nuova era.
Nelle quindici Repubbliche sorte dalla sua dissoluzione – Estonia, Lettonia, Lituania, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Georgia, Armenia, Azerbaigian, Kazakhstan, Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan, Tagikistan e Federazione Russa – la Chiesa cattolica nei suoi tre riti (latino, greco-cattolico, armeno) era stata portata sull’orlo dell’annientamento. La storia voltava pagina nel mezzo del pontificato di Giovanni Paolo II (1978-2005), che promosse un cammino di rinascita cattolica in questi paesi anche grazie ai suoi viaggi apostolici, cinque dei quali nell’ex URSS: Repubbliche baltiche (1993), Georgia (1999), Ucraina (2001), Kazakhstan e Armenia (2001), Azerbaigian (2002).
Dopo il volume su Giovanni Paolo II e le Chiese in Europa centro-orientale, la collana Storia della Chiesa in Europa centro-orientale – curata dal professor Jan Mikrut, ordinario della Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana – allarga lo sguardo ancora più a Est.
Il volume Giovanni Paolo II e la Chiesa Cattolica in Unione Sovietica e nei Paesi sorti dalla sua dissoluzione. Nel centenario della nascita di Karol Wojtyla (Gabrielli Editore, 2021, pp. 1212) sarà presentato in un webinar il prossimo 18 giugno 2021, alle ore 18:30.
L’evento è aperto al pubblico con registrazione obbligatoria sul sito www.unigre.it