Ginevra , martedì, 1. giugno, 2021 18:00 (ACI Stampa).
La Santa Sede diventa Stato non membro osservatore della Organizzazione Mondiale della Sanità. L’OMS ha riconosciuto formalmente lo status della Santa Sede in una risoluzione adottata per consenso nell’Assemblea Mondiale del 31 maggio. Fino ad ora, la Santa Sede partecipava alle assemblee dell’OMS come invitata ad hoc del direttore generale.
Secondo un comunicato diffuso dalla Sala Stampa della Santa Sede, la decisione “riflette il rapporto che la Santa Sede intrattiene in modo continuo con questa organizzazione sin dal 1953, e testimonia l’impegno della famiglia delle nazioni nell’affrontare, attraverso il dialogo e la solidarietà internazionale, le sfide globali di salute che affliggono l’umanità”.
La risoluzione “Participation of the Holy See in the World Health Organization” è stata presentata dall’Italia, ed è stata co-sponsorizzata da 71 Paesi presso tutte le aree geografiche. Lo status della Santa Sede è pari a quello che le è stato riconosciuto dalle Nazioni Unite nel 2004, vale a dire quello di Stato non membro osservatore con poteri ampliati.
Osservatore presso le Nazioni Unite dal 1964, nel 2004 una risoluzione delle Nazioni Unite ha infatti ampliato le prerogative della Santa Sede nell’organizzazione. Riconoscendole il diritto di partecipare alle assemblee generali, di poter intervenire sempre in tutti i dibattiti, di utilizzare i propri interventi come documenti ufficiali dell’organizzazione senza intermediari, di sollevare “un punto di ordine” (una procedura tecnica usata durante gli incontri dei comitati) e di co-sponsorizzare bozze di risoluzioni o interventi.
Questo status ora viene esteso anche all’Organizzazione Mondiale della Sanità. La Santa Sede porta nell’organizzazione la sua esperienza in umanità, e un network di strutture sanitarie, che, nel mondo, conta circa 5 mila ospedali cattolici e 16 mila dispensari. Nei suoi interventi all’Organizzazione, la Santa Sede ha sempre chiesto un dialogo con le strutture religiose e difeso il diritto alla vita e alle cure, e collaborato nella stesura di protocolli di sicurezza sanitaria come quelli per le celebrazioni religiose durante epidemie letali come l’Ebola.