Il primo impatto sul mondo è questo. La jeep dove è il Papa corre a tutta forza verso l’Arco delle Campane, poi attraversa lo Stato e arriva al piccolo ambulatorio del Vaticano.
Il Papa viene adagiato per terra. All’ingresso degli ambulatori vaticani c’è una mattonella che ricorda quel momento. Come in Piazza San Pietro nel luogo dell’ attentato non lontano dal Portone di Bronzo. Non sono state messe subito queste due “pietre della memoria”, per discrezione? Ma alla fine il senso della storia ha avuto ragione.
Torniamo al 13 maggio, lo sparo avviene alle 17,17. Alle 18 il Papa è già sul tavolo operatorio al Policlinico Gemelli. L’intervento finisce alle 23.30 circa. Il Papa ha perso molto sangue, si sono dovute fare diverse trasfusioni, ma non sono stati colpiti organi vitali.
A Roma intanto si procede a capire chi è l’attentatore, un turco Mehemet Ali Agca. E’ stata una suora a placcarlo mentre cercava di fuggire tra la folla dopo gli spari.
Nell’attentato sono rimati feriti anche due donne statunitensi, ricoverate entrambe. La piazza resta in attesa e in preghiera guidata da un padre gesuita che da anni guida i pellegrinaggi polacchi. Alterna il Rosario alle notizie che arrivano dal Gemelli.
Si va avanti fino a mezzanotte quando arriva anche la notizia della presenza del Presidente della Repubblica Italiana al Gemelli. Sandro Pertini, 83 anni socialista e ateo visita e saluta Giovanni Paolo II. Loro sono amici, c’è uno scambio di cordialità tra i due. Che durerà per tutta la vita.
Fino a domenica il mondo tiene il cuore sospeso. I fedeli pregano per il Papa, gli altri attendono notizie di un evento storico. Si moltiplicano messaggi, testimonianze, interviste. Anche se la situazione mediatica del 1981 non è quella di oggi, il flusso delle informazioni è costante.
Non tutti però sono preoccupati per la salute del Papa. Le cronache dell’epoca riportano di un applauso alla notizia di un gruppo di manifestanti pro aborto.
In quei giorni infatti in Italia si sarebbe votato il referendum per l’abolizione della legge che legalizzava l’aborto.
Ma a rispondere c’è la preghiera dei romani. Il cardinale Vicario Ugo Poletti chiama a raccolta i fedeli per le sera del 14 maggio alle 21 in Piazza San Pietro per la recita del Rosario. Succede lo stesso un po’ ovunque.
Inizia un rito particolare per i giornalisti: l’attesa del bollettino medico nell’ atrio del policlinico Gemelli. Non ci sono sms e mail. Si va, si aspetta, ci si accalca per avere un pezzo di carta fotocopiato, si chiama qualche amico dottore. Così almeno due volte al giorno.
Intanto alla Radio Vaticana arrivano messaggi da ogni parte del mondo, lettere, cartoline anche telefonate.
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Intanto arriva il 17 maggio, sono passati 4 giorni e il Papa non è ancora fuori pericolo. Ma il Papa non vuole perdere l’appuntamento per il Regina Coeli. La gente in piazza in silenzio ascolta la sua voce. Debolissima ma decisa. In tutto 90 parole che si concludono con una frase che segna la storia: “ Prego per il fratello che mi ha ferito, e al quale ho sinceramente perdonato. Unito a Cristo Sacerdote e vittima, offro le mie sofferenze per la Chiesa e il mondo. A Te Maria ripeto: “Totus tuus ego sum”.”