Roma , martedì, 13. ottobre, 2015 12:09 (ACI Stampa).
Il Papa ha invitato tutte le chiese ad accogliere i rifugiati. E nell’accogliere questo appello, la Conferenza Episcopale ha diffuso un vademecum sull’accoglienza. Diocesi, parrocchie, famiglie, comunità religiose fanno già moltissimo, e accolgono in 1600 differenti strutture 22 mila dei migranti sui 95 mila che arrivano nel nostro Paese. Il vademecum parte da questo impegno. E rilancia la sfida dell’accoglienza, nell’Anno del Giubileo. Con la sfida di guarire il dramma dell’immigrazione nelle terre da cui le persone partono.
“Nell’anno giubilare le Chiese in Italia si impegneranno a sostenere 1000 microrealizzazioni nei Paesi di provenienza dei migranti in fuga da guerre, fame, disastri ambientali, persecuzioni politiche e religiose,” scrive la CEI.
D’altronde, il Giubileo è sempre stato caratterizzato da gesti di liberazione e di carità. Ricordano, i vescovi italiani, il coinvolgimento delle parrocchie per la cancellazione del debito del terzo mondo, messo in atto durante il Giubileo del 2000. E delinea un percorso per l’accoglienza.
Un percorso da fare in tappe. Prima tappa, la formazione dei fedeli. Una formazione destinata a far “conoscere chi arriva da noi;” ma soprattutto a “preparare chi accoglie (parrocchie, associazioni, famiglie) con strumenti adeguati (lettera, incontro comunitario, coinvolgimento delle realtà del territorio…); costruire una piccola équipe di operatori a livello diocesano e di volontari a livello parrocchiale e provvedere alla loro preparazione non solo sul piano sociale, legale e amministrativo, ma anche culturale e pastorale, con attenzione anche alle cause dell’immigrazione forzata.” La Caritas e la Fondazione Migrantes sono chiamate a prendersi cura di questo aspetto.
Sottolinea, il vademecum, che le Chiese in Italia sono sempre state pronte nell’accoglienza, perché “l’azione di carità nei confronti dei migranti è un diritto e un dovere proprio della Chiesa e non costituisce esclusivamente una risposta alle esigenze dello Stato, né è collaterale alla sua azione.” Ma non si tratta di un gesto politico, e per questo le diocesi non si impegnano a gestire i centri di prima accoglienza, ma favorisce la circolazione delle informazioni su immigrati e rifugiati e raccoglie le disponibilità all’accoglienza.