Padre Papini, per voi frati cappuccini, quanto è importante avere la responsabilità e l’onore di avere questa preziosa reliquia? Può raccontarci come è arrivata a Roma?
San Leopoldo è stato canonizzato nel 1983 da papa Giovanni Paolo II. Fu lui indicarlo come modello dei confessori. Papa Francesco - durante il Giubileo della Misericordia del 2016 - ne ha voluto le spoglie in Vaticano, insieme a quelle di San Pio di Pietrelcina. San Leopoldo oltre a essere testimone della misericordia e tenace sostenitore del cammino ecumenico, provò egli stesso l’esperienza della malattia oncologica, portandone il peso con serenità e fiducia.
San Leopoldo è stato riconosciuto, inoltre, dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, il patrono dei malati oncologici. Era il 6 gennaio 2020 . Un mese dopo, il 7 marzo del 2020, la reliquia “ex corpore” di Mandić è arrivata qui, in questa chiesa, direttamente dal santuario padovano dedicato al frate cappuccino. Avere una reliquia di padre Leopoldo in questo luogo è per noi una grande responsabilità. Possiamo dire che la nostra chiesa - in questo modo - è divenuta la dimora romana del santo. E, in fondo, ravviva anche il titolo stesso della chiesa: la “consolazione”.
Tante persone vengono qui a pregare, a cercare conforto. Cosa chiedono a San Leopoldo?
Le persone che incrociamo sono davvero tantissime! Sono persone che - malate o no di tumore - vengono qui per chiedere il dono della salute e della guarigione, soprattutto. Inoltre, ci scrivono in molti grazie al nostro sito: chiedono preghiere e messe. C’è bisogno di tanta preghiera! Bisogna dire che la devozione che suscita San Leopoldo coinvolge - in particolare - i malati. Sono loro a rivolgersi con fiducia al santo per chiedergli il sostegno in un momento così difficile per la loro esistenza e per quello della loro famiglia.
Le attività di “Santa Maria della Consolazione” sono molteplici. E, fra queste, bisogna ricordarne due, in particolare: il Rosario e la Messa per i malati di tumore, ovviamente. Può descriverci meglio queste importanti iniziative?
Il Santo Rosario e la Messa per i malati di tumore e per i loro familiari nasce subito dopo la proclamazione di San Leopoldo come patrono dei malati oncologici. Ricordo con commozione la prima messa celebrata per loro. Era il 14 marzo del 2020. Eravamo il pieno lockdown. La chiesa si trova sopra una scalinata. Da questa è possibile scorgere un panorama affascinante di Roma. Mentre celebravamo sentivamo questa Roma silente come mai l’avevamo immaginata. Dentro la chiesa, la celebrazione. Un momento davvero emozionante!
Mandić, confessore cappuccino. Lei, veste lo stesso saio. Anche lei trascorre molto tempo nel confessionale. Quanto pensa sia importante - soprattutto oggi che ci troviamo in questo momento di sofferenza mondiale, addirittura - l'ascolto del "fratello"?
Nella Bibbia, nel libro del Deuteronomio al capitolo primo, troviamo scritto: “Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali, darete ascolto al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo, poiché il giudizio appartiene a Dio; le cause troppo difficili per voi le presenterete a me e io le ascolterò”. Se nella nostra società “l’uomo è diventato un’appendice del rumore” come ha detto Max Picard, non può che farsi sempre più urgente l’esigenza di riscoprire la bellezza del silenzio e l’apprendimento dell’antichissima arte di ascoltare il silenzio. Con la pandemia, forse, abbiamo avuto l’opportunità di farne esperienza. Oggi penso sia molto più importante recuperare l’arte di fare silenzio. Noi non ascoltiamo l’altro perché non rimaniamo in silenzio. Non ascoltiamo Dio, perché dentro di noi c’è troppo rumore. Ecco, San Leopoldo ci insegna - proprio oggi - a ricuperare la pazienza per ascoltare i fratelli che si accostano al confessionale. Lui passava tutta la giornata ascoltando e il suo ascoltare era quello di un padre misericordioso che non giudica, ma ascolta e basta. Penso che noi sacerdoti dobbiamo riaccendere la lampada dei nostri confessionali e stare lì, con pazienza, per ascoltare e consolare, soprattutto.
L’ascolto, la preghiera: due doti che a San Leopoldo Mandić, certamente, non mancavano.
Sì, proprio così! La preghiera era, senz’altro, per San Leopoldo il suo porto sicuro, dove approdava nei momenti di dolore e anche nei tanti momenti di gioia. La sua preghiera era intima, profonda. Vera, soprattutto! Riusciva a conversavare intimamente con il suo “Padrone”. Possedeva una certezza, tra l’altro: quando il “Padrone” Iddio ci tira per la briglia - direttamente o indirettamente - lo fa sempre come un Padre di infinita bontà. San Leopoldo ci direbbe ancora: cerchiamo di comprendere questa mano paterna che - con infinito amore - si degna di prendersi cura di noi. Un altro aspetto della preghiera di San Leopoldo era la sua tenera devozione alla Madonna. Diceva: «Abbiamo in cielo un Cuore di Madre. La Madonna, madre nostra, che ai piedi della Croce soffrì quanto è possibile ad una creatura umana, comprende i nostri dolori e ci consola». San Leopoldo parlando ai malati oncologici direbbe: Non abbiate timore, abbiate fede, fede! Dio è medico e medicina. È medico perché è venuto non per i sani, ma per i peccatori. È medicina perché Dio, nella sua volontà, guarisce!
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