Città del Vaticano , mercoledì, 11. febbraio, 2015 12:05 (ACI Stampa).
‘Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commisso renuntiare ita ut a die 28 februarii MMXIII, hora 20, sedes Romae, sedes Sancti Petri vacet et Conclave ad eligendum novum Summum Pontificem ab his quibus competit convocandum esse’.
Sono passati ormai due anni da questa declaratio. Sono state sufficienti poche parole pronunciate in latino da Papa Benedetto XVI per cambiare la storia della Chiesa contemporanea. Era l’11 febbraio 2013, memoria liturgica della Madonna di Lourdes, Giornata Mondiale del Malato e anniversario della firma dei Patti Lateranensi. Un giorno di festa in Vaticano.
Poche righe in latino sono bastate per far vedere il Pontefice bavarese sotto tutt’altra luce. Ma limitare il Pontificato di Benedetto XVI alla sua rinuncia è onestamente riduttivo, sbagliato e fuori di ogni logica.
Per capire il messaggio di Joseph Ratzinger bisogna partire dal suo motto episcopale. Cooperatores Veritatis. Cooperatori della Verità. Questa frase è stata la sua stella polare da Papa . A partire da quella sfida lanciata a viso aperto contro la dittatura del relativismo, 24 ore prima di essere eletto dai cardinali successore di Giovanni Paolo II.
Malgrado spesso e volentieri lo si neghi, l’opera di Papa Francesco prosegue nel solco indelebile tracciato dal suo ‘amato e venerato predecessore’. La lotta senza quartiere alla sporcizia nella Chiesa – denunciata dal Cardinale Ratzinger nella Via Crucis 2005 – messa in atto in questi mesi da Jorge Mario Bergoglio è logica conseguenza delle scelte operate da Papa Benedetto XVI. Basti pensare al Motu proprio sulla trasparenza finanziaria o alla vera e propria crociata contro i preti pedofili scatenata da Benedetto.