Roma , venerdì, 7. maggio, 2021 14:00 (ACI Stampa).
Il Cardinale Mindzenty “ha incarnato l’intero dramma del popolo ungherese”, non fu annientato da “persecuzione e repressione”, ma piuttosto la trascese. Il Cardinale Michael Czerny, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ricorda la figura del Cardinale Jozef Mindszenty, che morì a Vienna, in esilio, il 6 maggio 1975. È stato recentemente proclamato venerabile, e ogni giorno si elevano per lui un milione e mezzo di preghiere per lui: il Cardinale Mindszenty è un martire della Chiesa del silenzio, un eroe che si oppose prima al nazismo (cambiò il suo cognome di origine tedesca e prese quello del villaggio da cui proveniva per non avere legami con la Germania) e poi al comunismo, e il cui esempio arrivò fino in Canada, nelle comunità di rifugiati di cui faceva parte anche il Cardinale Czerny, che lasciò la Cecoslovacchia da bambino con la sua famiglia nel 1948, subito dopo la guerra.
E lì, tra gli esuli, si vide con speranza anche alla rivoluzione ungherese del 1956. Il Cardinale Czerny ricorda che “a casa nostra, visse con noi, per sei mesi, un rifugiato ungherese, ‘Buba’. Il ragazzino di 10 anni che ero all’epoca rimase colpito dal coraggio dei rivoluzionari, che fu per me motivo di grande ispirazione. Ero inorridito dalla disperazione e dalla crudeltà con cui fu attuata la loro repressione”.
Aggiunge il Cardinale: “Quando ero giovane, il Cardinale Mindszenty personificava una figura coraggiosa, onesta e vera. La repressione e la persecuzione non lo annientarono; egli, piuttosto, le trascese. Non si preoccupò delle minacce che gli provenivano dal di fuori, ma attinse alla sua forza interiore umana, culturale e spirituale per restare libero, fedele alla sua chiamata e alla sua missione, per continuare a crescere e a evangelizzare”.
Il cardinale sottolinea che anche oggi “vi sono molti regimi che mostrano tendenze totalitarie e sopprimono le libertà”, mentre Milioni di persone cercano rifugio dalla guerra, dalla repressione, dalla povertà e dal degrado ambientale, mentre le voci che si alzano per invocare dignità e libertà vengono zittite con fredda violenza”.
Secondo il Cardinale Czerny “gli insegnamenti del 1949 e del 1956 ci interpellano”, e che di fronte ai nazionalismi che “sgretolano e dividono il noi, tanto nel mondo quanto all’interno della Chiesa”, pagano il prezzo più alto “coloro che più facilmente possono diventare gli altri: gli stranieri, i migranti, gli emarginati che abitano le periferie esistenziali”.