La Segreteria per l'Economia ha preso, dunque, quel ruolo di controllo e di indirizzo che dovrebbe permettere alle finanze vaticane di migliorare la loro gestione, riducendo al minimo i rischi di errori. Come quello, appunto, di affidarsi ad intermediari sbagliati.
Quindi, c’è l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), che è chiamata sempre più a diventare una sorta di “banca centrale” e ad avere la centralità del controllo degli investimenti. Per portare avanti questo processo, è stato chiamato per la prima volta come segretario generale un laico, Fabio Gasperini, con un lungo curriculum internazionale e una giovanile esperienza nel governatorato. Ad oggi, però, l’unico ente da cui ha ricevuto la gestione dei fondi, per decisione papale, è proprio la Segreteria di Stato coinvolta nello scandalo. A quando il trasferimento di fondi e investimenti del Governatorato Vaticano e della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli?
L’Autorità di Informazione Finanziaria, l'organismo di intelligence finanziaria vaticano, al momento, sta raccogliendo i frutti del lavoro precedente. Vertici nuovi, persino nuovo nome, ora definito in Autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria, fino ad ora la nuova autorità ha soprattutto affrontato problemi e riforme. Problemi come quelli della gestione dei partner internazionali, preoccupati dalla deriva giustizialista che aveva portato alle perquisizioni negli uffici di una autorità indipendente. Riforme, come quella del cambiamento di nome, del rafforzamento del ruolo del presidente, e dell’inclusione dell’ASIF nelle norme del Regolamento Generale della Curia Romana.
Quest’ultimo dato, sottovalutato, crea un piccolo cortocircuito. Perché l’Autorità di intelligence finanziaria ha la supervisione solo dello IOR, ma questo mantiene la sua autonomia, anche sul fronte del Regolamento di Curia. C’è, dunque, un ente di controllo che ha meno autonomia dell’ente controllato. Anche meno autonomia sul piano dell’elargizione degli stipendi.
Il problema economico, per la Santa Sede, resta grande, e la pandemia ha messo a dura prova le casse vaticane. Mentre enti come lo IOR mantengono una loro autonomia, una politica di contenimento degli stipendi ha previsto un decurtamento per gli officiali ecclesiastici e per i cardinali, e il blocco degli scatti di anzianità per i dipendenti. L’ASIF è in questi tagli. Lo IOR non lo è.
Ma anche questo provvedimento è tutto da verificare all’atto pratico. Per i dirigenti verrà applicato solo sullo stipendio base, mentre non vengono intaccati i compensi aggiuntivi da contratto a margine. Le costose consulenze resteranno e potranno essere ancora fatte.
Sono questi dettagli che dimostrano come il sistema finanziario vaticano non abbia, in questo momento, una chiara direzione. C’era una cornice legale, portata avanti dai tempi di Benedetto XVI, che aveva garantito una certa considerazione internazionale. Quella cornice viene ora intaccata da una serie di decisioni che appaiono scollegate tra loro, e necessitano poi di aggiustamenti.
E questo si nota, in fondo, nella vicenda giudiziaria che ha coinvolto la Santa Sede in quest’ultimo anno e mezzo. Si è detto che è bene che i guai siano stati scoperchiati dall’interno. Ma, a vedere i fatti, sono più le domande che le risposte.
La Segreteria di Stato ha chiesto allo IOR una anticipazione, da restituire con interessi, per concludere l’operazione di Londra. Sebbene lo IOR abbia messo in chiaro nel suo ultimo rapporto annuale che non può dare prestiti, si deve ricordare che l’Istituto è lì per sostenere la Chiesa nella sua missione. Può dare anticipazioni, e lo ha fatto, intervenendo anche in aiuto di diocesi disastrate come fu quella di Maribor. E infatti, lo IOR aveva inizialmente accettato la richiesta della Segreteria di Stato. Salvo cambiare idea pochi giorni prima che tutto fosse definito, riferire tutto al Papa, e far così partire l’indagine dei Promotori di Giustizia. Perché, dunque, lo IOR ha cambiato idea?
Le indagini stesse dimostrano una certa confusione, tanto che due provvedimenti emessi in Italia su richiesta dei pm vaticani (l’incarcerazione di Cecilia Marogna, controversa collaboratrice in materie di intelligence della Segreteria di Stato; il congelamento di alcuni beni di uno degli officiali vaticani sospesi, Fabrizio Tirabassi) sono stati poi revocati.
Lo stesso è successo con un provvedimento effettuato in Inghilterra su Gianluigi Torzi, uno degli intermediari dell’affare di Londra, cui erano stati congelati i conti. Non solo il giudice inglese Baumgartner ha revocato il provvedimento, ma ha anche contestato l’operato dei pm vaticani, sottolineando come la ricostruzione dei fatti era oggetto di mischaracterzation o misinterpretion (errata caratterizzazione o incomprensione). Questo accadeva due settimane fa.
La settimana scorsa, un giudice istruttore italiano ha spiccato dei mandati di cattura per lo stesso intermediario e altri soci per auto-riciclaggio e fatturazione fraudolenta. Il provvedimento era interessante per due motivi: non metteva in discussione la decisione di Londra, e riprendeva piuttosto la ricostruzione dei pm vaticani. I quali contestavano che la Segreteria di Stato potesse effettivamente fare investimenti.
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Ma era così? Non proprio. Come detto, fino a dicembre 2019, la Segreteria di Stato aveva i suoi fondi, e mettere in discussione questo dato rappresenterebbe una applicazione retroattiva della legge.
I giudici vaticani lamentavano anche di un uso improprio dell’Obolo di San Pietro, che dovrebbe essere destinato alla carità del Papa. Anche in questo caso, c’era una inesattezza di fondo: mai l’Obolo di San Pietro era destinato solo a scopi benefici, e lo dimostra proprio il fatto che si prevede di usare parte della raccolta dell’Obolo per ripianare l’inevitabile rosso del bilancio.
Sono dettagli, e molto tecnici, che dimostrano come però il sistema finanziario della Santa Sede stia perdendo l’equilibrio generale precedentemente raggiunto. Si inseguono gli scandali, si cerca di rimediare agli errori, ma nel farlo si intacca necessariemente un equilibrio raggiunto, perché tutti gli ingranaggi del sistema finanziario sono legati tra loro.
Per questo, il giudizio di MONEYVAL è atteso. Questa volta si concentrerà sull’efficacia del sistema giudiziario, ovvero quanti processi nascono dalle segnalazioni sospette. A rappresentare la Santa Sede ci sarà anche Roberto Zannotti, promotore di giustizia vaticano, a capo della sezione speciale del Tribunale contro i crimini economici e finanziari dal 2016, e dal 2019 consulente delle strutture previste dall’Ordinamento Giudiziario nello Stato della Città del Vaticano in materia economica, tributaria e fiscale. Tra le valutazioni decisive, sarà quella della quantità dei processi svolti in seguito alle segnalazioni. Al rapporto sui progressi del 2017, MONEYVAL descrisse come “modesti” i risultati del tribunale. Fino al 2016 non c’erano segnalazioni, poi alle segnalazioni non è stato spesso dato seguito. Come sarà valutato l’operato della Santa Sede in proposito?
Diventa dunque evidente che il problema della Santa Sede non è solo economico. Si sta lavorando sulle proiezioni, calcolando i prossimi deficit, ma la questione delle finanze è un problema istituzionale, una crisi che potrebbe proprio colpire la Santa Sede nella valutazione di MONEYVAL.
Il cambio di nome dell’AIF in ASIF sarà ben accolto, o ne saranno rilevate le criticità? Il regime delle segnalazioni sospette sarà giudicato affidabile? E, se sì come sarà considerato l’operato del Tribunale? La valutazione sarà su quello che è successo negli anni precedenti, dunque non si riferirà agli ultimi cambiamenti. Ma, di certo, questi cambiamenti potrebbero avere un impatto sul giudizio generale.