Roma , sabato, 17. aprile, 2021 14:00 (ACI Stampa).
Ogni figlio, nel momento del bisogno, ricorre sempre alla propria madre. La Vergine Maria per ogni cattolico é un’ancora di salvezza, un porto sicuro a cui approdare, una madre a cui rivolgersi. Fu così per la città di Roma, durante la peste che invase la città nel maggio 1656.
Il popolo romano si affidò proprio a lei, Maria. E, dalla incombente calamità della peste, la Città Eterna ne uscì miracolosamente indenne. Testimone di questo straordinario avvenimento è la famosa icona di Santa Maria in Portico in Campitelli, conservata sopra l'altare maggiore dell'omonima chiesa.
Le cronache di quelle particolari giornate che hanno visto coinvolte una delle chiese più affascinanti di Roma, sono descritte dallo storico Carlo Antonio Erra (1695-1771), religioso dei Chierici Regolari della Madre di Dio. Aci Stampa ha chiesto a uno dei successori di quei Chierici (che ancora oggi detengono la custodia di questa magnifica chiesa), di raccontarci le vicende storiche legate all’immagine sacra, padre Davide Carbonaro, parroco della Chiesa di Santa Maria in Campitelli e prefetto per la II Prefettura della Diocesi di Roma.
Padre Carbonaro, partiamo dalla famosa icona. Qual è la sua origine?
L’icona è in lamina di rame dorato con fondi a smalto. E’ alta 26 centimetri e larga 20.50. Il suo spessore è di di 3 millimetri. L’icona rappresenta la Vergine con il Bambino in braccio nella tipica iconografia bizantina dell’Odigitria, “Colei che indica la via”. La bellissima immagine si staglia su un fondo blu cobalto, posta fra due fronde di quercia. Nelle due sommità (di destra e sinistra) ci sono le teste dei santi patroni romani, Pietro e Paolo. Intorno a questa sublime immagine, vi è una cornice in smalto rosso, decorata da fiori dorati con al centro un pistillo color blu. I fatti che la tradizione della Chiesa di Roma celebra nell’antica icona della Madre di Dio, “Porto della romana sicurezza”, risalgono al 17 luglio del 524. La nobile romana Galla, figlia del Prefetto Simmaco, era solita accogliere nel portico della sua casa i poveri e i pellegrini della città. Gesto di carità evangelica che - afferma un'antica “legenda” - fu confermato da una sublime luce apparsa sul luogo dove il cibo veniva custodito e amorevolmente condiviso. Galla chiede al Pontefice, allora Giovanni I, di chiarire il senso di quella rivelazione. Il Papa si reca nella casa di Galla. Edificato da tanta carità, riceve una visione di angeli che depongono nelle sue mani un'icona della Madre di Dio, con la quale il Pontefice benedice Roma che viene immediatamente liberata dal terribile morbo della peste. I Pontefici ed il popolo romano ricorreranno spesso presso questo presidio di carità e di grazie celesti, soprattutto nei momenti in cui l’Urbe sarà segnata da particolari avversità. E’ stato così a partire da papa Gregorio Magno fino a Francesco che ha venerato l’icona in Piazza San Pietro durante il Giubileo della Misericordia dedicato ai Diaconi e all’esercizio della carità.