Città del Vaticano , venerdì, 9. ottobre, 2015 16:46 (ACI Stampa).
Ci sono state espressioni di diverse sensibilità rispetto alla metodologia dell’Instrumentum Laboris, tuttavia questo “ostacolo è stato ugualmente superato dalla volontà, ben presto resa esplicita, di sforzarsi per offrire il più possibile una testimonianza di unità sui contenuti”. E’ quanto si legge nella relatio del circolo minore Italicus A redatta dal P. Manuel Jesus Arroba Conde e moderato dal Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento.
I Padri del Circolo Italicus A nello specifico hanno ribadito “l’esigenza di utilizzare formule che lascino fuori dubbio sin dall’inizio che l’unico modello di famiglia che corrisponde alla dottrina della Chiesa è quello fondato sul matrimonio tra uomo e donna” e sottolineato l’importanza di sviluppare più approfonditamente la sfida che il secolarismo lancia alla famiglia.
Dai Padri inoltre viene lanciato un vero e proprio allarme nei confronti della cosiddetta ideologia del gender. Bisogna – scrivono – “riferirsi con maggiore abbondanza” a questi rischi, “nonché alla sua incidenza negativa nei programmi educativi di molti paesi”.
Questo pericolo viene rilanciato anche dalla relatio del Circolo Italicus C. Nella relatio firmata dal Vescovo di Novara, Mons. Franco Giulio Brambilla, il circolo coordinato dal Cardinale Angelo Bagnasco spiega che è necessario mettere “più chiaramente in luce il carattere ideologico” della teoria gender “offrendo alle famiglie un aiuto per riprendersi il loro originario diritto all’educazione dei figli nel dialogo responsabile con gli altri soggetti educativi”.
Secondo i Padri del Circolo Italicus C la prima parte dell’Instrumentum tuttavia “è apparsa a molti fortemente connotata da una prospettiva occidentale (europea e nordamericana), soprattutto nella descrizione degli aspetti e delle sfide aperte dalla secolarizzazione e dall’individualismo che connota le società dei consumi. La presenza nel circolo di membri sinodali dell’Europa orientale, dell’America latina e di altri Paesi africani o del vicino Oriente ci ha ricordato anche altre prospettive, che devono essere integrate nel testo”. E nello stesso tempo si suggerisce che “il metodo del vedere-giudicare-agire, che sembra il filo rosso del testo, non va inteso e praticato intendendo le tre tappe come cronologicamente successive, ma in modo fortemente intrecciato”.