Padova , venerdì, 5. marzo, 2021 18:00 (ACI Stampa).
Occasioni che si uniscono intorno ad un unico nome: quello di Elena Bono, una delle scrittrici italiane più significative della seconda metà del XX secolo. Ma, fatalmente, anche una delle meno conosciute. Classe 1921, è nata il 29 ottobre a Sonnino, antico paese laziale, e morta nel 2014, il 26 febbraio, presso l’ospedale genovese di Lavagna. Cristiana, scrittrice, intensa, coerente, fino all’ultimo istante della sua vita.
Occasione, dunque, per ricordarla, il recente anniversario della morte e l’avvicinarsi del cenenario dalla sua nascita. Altre occasioni per riportare l’attenzione su di lei e la sua opera, la recente ristampa, grazie alla casa editrice Ares, Per Aldo Gastaldi “Bisagno” di Elena Bono e la pubblicazione Indagine sull’opera di Elena Bono. La sacralità della parola e la ricerca della verità, a cura di Milagro Martín-Clavijo e Roberto Trovato. Due libri che permettono di riscoprire l’opera dimenticata di un’autrice “profetica”.
Come recita il titolo del saggio citato, la parola per la Bono è sacra, resa lucente e trasparente alla fiamma dell’evangelico comando: il vostro dire sia “sì sì no no”. Semplice e chiaro come i classici, in primis greci e latini, il cui amore le è stato trasmesso dal padre. Come Dante, mistico e insieme capace di rendere concretamente il male, il terrore, la disperazione, la beatitudine. Per cui questa sacralità nella Bono è profondamente legata alla ricerca della verità: di se’ stessa e del mondo che la circonda.
Così si comprende il motivo dell’emarginazione che ha subito e ancora subisce l’opera di questa autrice: le sue sono parole libere fino in fondo, radicalmente libere, non addomesticabili, non riconducibili ad una “scuola”, o ad una corrente. Negli anni Sessanta, della sua opera si appassiona persino Pier Paolo Pasolini, che comincia a ‘corteggiarla’ assiduamente per far nascere un film dal suo racconto La testa del Profeta.
Ma lei, con grande scandalo generale, dice di no allo scrittore in grande ascesa. "A Pasolini non perdonavo che lui, che aveva avuto un fratello ucciso dalla brigata Osoppo, facesse il comunista", spiega, e tornerà a raccontare molti anni dopo. E poi, spiega ancora, tra la sua poetica e quella pasoliniana esisteva una distanza incolmabile.
Stessa proposta da parte di Luchino Visconti, ma anche in questo caso non se ne fa nulla. Ma da quel ‘gran rifiuto’ si generò una sorta di ostracismo, di lenta discesa nel silenzio, un oblio di dimenticanza in cui la Bono fu avvolta per i decenni a venire. Solo negli ultimi anni si è andata riscoprendo la sua grande qualità di scrittura, la sua profondità, il suo intrinseco valore letterario.
Dopo la sua morte, nel 2014, si è ricominciato a pubblicare le sue opere. A cominciare da La moglie del Procuratore, intenso romanzo incentrato sul dialogo e confronto tra Claudia Serena Procula, moglie di Ponzio Pilato, e l’amico Lucio Anneo Seneca, sulla condanna e la morte per crocifissione di quello strano profeta, Gesù il Galileo, che ha sconvolto la vita di Claudia e ha cambiato il corso della storia umana. Tratto dalla raccolta Morte di Adamo, ritenuto il capolavoro di Elena Bono, La moglie del Procuratore è in grado di suscitare, come scrive nella prefazione Armando Torno, al lettore dei nostri giorni “abituato a libercoli effimeri strillati dai media e a idee corte che si dimenticano alla fine di ogni stagione, alcune sorprese spirituali”. Claudia emerge da queste pagine con la potenza del suo dramma interiore, innescato dall’incontro con Cristo. Quella donna di cui i Vangeli ci hanno tramandato solo un’ombra, poche righe, un profilo misterioso.
Sempre controcorrente, Elena Bono, o meglio fedele a se’ stessa, anche quando si tratta di schierarsi e prendere posizione per la propria patria, durante la Seconda Guerra Mondiale. Sostiene i partigiani, ma solo quelli guidati da Aldo Gastaldi, “Bisagno”, il comandante più amato della Resistenza ligure.