Parigi , mercoledì, 3. marzo, 2021 18:00 (ACI Stampa).
Era tornato in Francia all’età di 85 anni, dopo una vita spesa in Cambogia, prima ad organizzare la Chiesa locale, poi ad aiutarla a vivere i terribili anni della persecuzione, dei Khmer Rossi e di Pol Pot. Il vescovo Yves-George René Ramousse è morto lo scorso 26 febbraio in una casa di cura a Montbeton, nel Sud della Francia. Due terzi della sua vita sono stati, però, trascorsi in Cambogia, Paese che dovette lasciare nel 1975, alla presa del potere degli Khmer Rossi, e dove ritornò nel 1989, servendo da vicario apostolico nella capitale Phnom Pehn fino al 2001.
Nato il 23 febbraio 1928 nell’Alta Loira, nella Francia Centro Meridionale, il vescovo Ramousse entrò a far parte dell’Associazione delle Missioni Estere di Parigi e fu ordinato sacerdote il 4 aprila 1953. Quattro anni dopo venne inviato missionario in Cambogia, che divenne la sua casa.
San Giovanni XXIII ne apprezzò lo zelo pastorale, e lo nominò nel 1962, a soli 34 anni, vicario apostolico di Phnom Pehn. Il vescovo Ramousse scelse come motto episcopale Ut Vitam Habeant. Partecipò a tre sessioni del Concilio Vaticano II.
Fu sotto la sua influenza che nel 1968 venne stabilita la conferenza episcopale del Laos e della Cambogia. Fu lui ad incoraggiare l’uso della lingua khmer da parte dei sacerdoti locali al posto del vietnamita comunemente usato perché vietnamita era la grande maggioranza dei cattolici locali.
E fu lui a iniziare il lavoro di traduzione delle Sacre Scritture in Khmer, ad aprire la Chiesa al dialogo con il buddhismo, arrivando persino tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso ad ordinare una dozzina di sacerdoti locali. Tutto questo sforzò portò Paolo VI alla decisione, nel 1968, di stabilire altri due vicariati nel Paese.