Yangoon , giovedì, 25. febbraio, 2021 14:00 (ACI Stampa).
Il Cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangoon, lo ha detto a chiare lettere: “Quanti non combattono il male, diventano essi stessi il male”. I vescovi cattolici hanno ribadito: “Pace e riconciliazione si raggiungono attraverso il dialogo”. In occasione della Quaresima, la Chiesa in Myanmar fa sentire la sua voce dopo il colpo di Stato militare che ha portato in carcere i membri del governo eletto e dato il potere tutto in mano ai militari, che hanno fatto sapere che ritorneranno alla democrazia con libere elezioni, ma che ora dovevano intervenire per superare le irregolarità dei brogli.
E dire che i vescovi avevano fatto tutto per bene, e da tempo. Quando il Papa era stato in Myanmar, nel 2017, il Cardinale Bo aveva caldeggiato che il Papa facesse visita al general Min Aung Haling, e questa fu la prima visita del Papa nel Paese. Nonostante il lavoro di mediazione costante, il fatto che anche alle ultime elezioni il partito supportato dai generali fosse andato incontro ad un insuccesso elettorale ha portato al golpe. La Chiesa, ovviamente, non prende posizione politica, ma cerca di stare vicino alle persone.
Il Cardinale Bo, che ha dimostrato negli anni di conoscere il fare diplomatico, ha affidato i suoi pensieri ad una omelia nella prima guerra di Quaresima. “Questa nazione – ha detto – non può sempre essere sulla via della Croce della sofferenza. Cominciamo i nostri quaranta giorni con speranza, con preghiera per la riconciliazione della nostra nazione”.
Il Cardinale ha sottolineato che in Myanmar c’è bisogno di speranza, sottolineando come “gli eventi di oggi sono una chiamata per mettere a punto le nostre priorità. È tempo di tornare al piano di Dio, e non al piano dell’uomo, in questa nazione”.
Il Cardinale ha detto che “possiamo essere portati dal diavolo attraverso i poteri della ricchezza, l’insaziabile urgenza di controllare e governare gli altri, costantemente pressati a vivere una bugia in vita”.