Cosenza , venerdì, 12. febbraio, 2021 17:00 (ACI Stampa).
Fede, culto, religione, e tradizioni popolari: tutto in una sola icona. Tutto in pochi centimetri quadrati che respirano della bellezza di Maria: è l’immagine della Vergine del Pilerio. Un culto antico, quello della Vergine del Pilerio. Una storia che visto il momento storico della pandemia che stiamo vivendo non può che suscitare inevitabili parallelismi.
Prima di inoltrarci, però, nella storia di questa icona mariana, è opportuno precisarne la sua natura artistica, seppur in brevi cenni. L’immagine appartiene all’iconografia della cosiddetta “Galaktotrophousa”, “Madonna che allatta”. Infatti, l’icona ritrae la Madonna nell’atto di offrire il proprio seno al Bambino Gesù per allattarlo. Esprimono tenerezza, quelle mani del piccolo Gesù che - vestito con una tunica trasparente, stretta in cinta da una fascia rossa - afferrano con dolcezza il seno della Vergine. Le mani di Maria, invece, sono avvolte in un manto purpureo. Dietro le due figure, spicca il color oro, tipico delle icone. Ai lati dell’aureola della Madonna, ci sono le sigle “sacramentali” “MR” “DNI”, dipinte in bianco e a caratteri gotici.
Ma entriamo, ora, nella storia di questa preziosa icona. Siamo nel 1576, a Cosenza. Una tremenda epidemia colpisce la città. Numerose, le vittime. I cittadini sono ormai stanchi delle condizioni tragiche in cui verte la città calabrese. L’epidemia non vuole frenare il suo decorso. In questo scenario così apocalittico, “prende la scena” la famosa icona che - all’epoca dei fatti - era appesa a un pilastro (da qui il nome “pilerio”) del duomo. Avviene qualcosa di insolito, di straordinario: sul suo viso compare un bubbone di peste. La notizia si diffonde rapidamente per tutta la cittadina. La Fede entra nella Storia. Entra così nelle vite dei cittadini che cominciano a pensare a dare un’unica, inequivocabile interpretazione dell’accaduto: è la Vergine a “prendersi carico” della peste della città.
A confermare tale interpretazione, i mesi successivi all’evento prodigioso: comincia miracolosamente la regressione della malattia nell’intera città di Cosenza. Da questo momento in poi, cominciarono numerosi pellegrinaggi, tanto da indurre - nel 1603 - l’Arcivescovo Giovan Battista Costanzo a dare una nuova collocazione all’icona di Maria. Monsignor Costanzo la volle sull’altare maggiore. Solo nel 1607 fu dedicata a tale immagine una cappella apposita, dove si trova tutt’ora. Nello stesso anno fu incoronata come “Regina e patrona della città”.
In questa affascinante storia, dobbiamo fare un salto temporale che ci trasporta nel 1783. Sono passati ben duecentosette anni da quel segno prodigioso. La storia dell’icona si inserisce nuovamente nella Storia (quella con la “s” maiuscola) e il filo conduttore è sempre la fede, il culto, la venerazione da parte dei cosentini per la “Vergine del Pilerio”.