Quest'interpretazione fu espressione tipica del suo modo di essere, sia per aver scelto di difendere la collettività entrando nella Polizia di Stato, che per quell'opera che salvò la vita di moltissime persone.
Animato dalla fede nel Cristo e dall'amore per l'umanità, la sua testimonianza, ancora oggi, è un faro di bellezza e solidarietà alle necessità dei fratelli nel bisogno.
Scorrendo il curriculum professionale del servo di Dio, si apprende che, dopo aver prestato servizio presso la questura di Genova, nel 1937, viene trasferito in quella di Fiume.
Nella cittadina, all'epoca italiana, è nominato responsabile dell'ufficio stranieri, iniziando un'intensa e silenziosa attività, volta a finalità benefiche.
In un momento così delicato, per la storia della penisola italiana, il questore intesse una fitta rete di collegamenti, pur di salvare la vita delle centinaia di persone che, quotidianamente, bussano alla propria intercessione.
Molti sono aiutati ad espatriare trovando salvezza in altre Nazioni ed a moltissimi offre un concreto sostegno, morale ed economico, per superare le tante difficoltà.
La sua azione fu cristiana ed eroica in quanto mise in pratica le parole del vangelo, apprese fin da piccolo, anche, grazie alla presenza degli zii Monsignor Giuseppe Maria e padre Alfonso Palatucci, religiosi francescani.
Il suo operato, silenzioso e coerente, testimoniò le parole delle Beatitudini, incarnandole nel concreto intrecciarsi dei tanti rapporti con gli altri.
L'alta e solidale idealità del pensiero concretizzò il rispetto per la persona umana che trovò giuridicamente pieno riconoscimento nella Costituzione della Repubblica Italiana del 1947.
Persona, famiglia, religione, lavoro, rapporti etici e proprietà sono i beni, sui quali ruota la struttura giuridica e sociale della collettività.
L'articolo 2 della stessa dispone che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Nel 1979 San Giovanni Paolo II, nell'Enciclica Redemptor hominis osservò che “qui, dunque, si tratta dell'uomo in tutta la sua verità, nella sua piena dimensione. Non si tratta dell'uomo «astratto», ma reale, dell'uomo «concreto», «storico». Si tratta di «ciascun» uomo, perché ognuno è stato compreso nel mistero della Redenzione, e con ognuno Cristo si è unito, per sempre, attraverso questo mistero. Ogni uomo viene al mondo concepito nel seno materno, nascendo dalla madre, ed è proprio a motivo del mistero della Redenzione che è affidato alla sollecitudine della Chiesa riguarda l'uomo intero ed è incentrata su di lui in modo del tutto particolare, l'oggetto di questa premura è l'uomo nella sua unica ed irripetibile realtà umana...” (n.13) .
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Giovanni Palatucci testimoniò questi valori, offrendo la propria vita in quell'opera, oggi, ricordata in più sedi.
Il giovane funzionario, sentendo il dovere di prender parte alla sorte di moltissimi uomini, si legò alle parole del vangelo con particolare intensità, vivendone i palpiti che espresse nel proprio disinteressato amore per tutti coloro che si affidarono alla sua parola, ma di più al suo cuore.
Pur conoscendo i pericoli a cui andava incontro, non esitò a spendere la propria esistenza per gli altri.
Il 22 ottobre 1944, dopo aver subito numerose torture, viene trasferito nel campo di concentramento di Dachau, nel quale il 10 febbraio 1945 spirò, lasciando la testimonianza coerente di come si vive il vangelo e si diffonde tra i fratelli.
E' in corso la causa di beatificazione.