Sofia , martedì, 9. febbraio, 2021 9:00 (ACI Stampa).
Si chiama Isola Persina, ed è una isola nel cuore del Danubio, vicino alla città di Belene. Persina la più grande isola bulgara, con la sua superficie di 41,1 chilometri quadrati. Ma in quel territorio si trovava anche il più grande campo di concentramento per persone considerate politicamente pericolose dal governo comunista. Per dirlo con le parole di Padre Paolo Cortesi, passionista, parroco di Belene dal 2010 “Belene è il calvario bulgaro del XX secolo, dove decine di migliaia di innocenti hanno sputato lacrime e sangue”.
Se tutti i luoghi di detenzione comunisti sono stati distrutti, o sono scomparsi dalla memoria, questo non è successo a Belene. Tanto che c’è una Fondazione che si impegna a trasformare quel campo di concentramento in un Memoriale delle Vittime dei Totalitarismi. A Belene, nel cuore della coscienza bulgara, tutti possono ritrovare la memoria. Ed è proprio per questo motivo che serve un memoriale.
Il campo di Belene era stato creato da Partito Comunista Bulgaro nel 1949. Alla fine dello stesso anno, un Secondo Sito, situato nella parte Est dell’Isola Persina, aveva già 4000 prigionieri. I primi vivevano in trincee a cielo aperto, scavate da loro, coperte con foglie. Una piccola isola vicina divenne un campo di concentramento per donne. All’inizio, l’isola era connessa alla terraferma da un ponte di legno, che poi è diventato una struttura di pontone. Non c’è tanta documentazione sul sito, perché molta di questa è stata deliberatamente distrutta dal Partito Comunista Bulgaro quando cominciarono i cambiamenti politici nella nazione.
Tutto doveva essere segreto. Anche il decreto che aprì il campo il 27 aprile 1949 era un decreto segreto, firmato dal governo del Primo Ministro Vassili Kolarov.
Le condizioni dei prigionieri erano inumane. Si moriva di fame. Decine di migliaia di persone sono morte a Belene.