Il COVID, dice Papa Francesco, ha portato “paura, sconforto e disperazione”, ha favorito l’erezione di barriere, creando “un mondo nuovamente frammentato e diviso”, ma soprattutto dando vita ad una crisi che il Papa ha cercato di affrontare con la Commissione Vaticana COVID 19. Secondo il Papa, la pandemia “ha messo in luce i rischi e le conseguenze di un modo di vivere dominato da egoismo e cultura dello scarto e ci ha posto davanti un’alternativa: continuare sulla strada finora percorsa o intraprendere un nuovo cammino”.
Eccole, allora, le cinque crisi che individuate dal Papa. La prima è la crisi sanitaria. Mettendoci di fronte alla malattia alla morte, la pandemia “richiama il valore della vita”, eppure “con il pretesto di garantire presunti diritti soggettivi, un numero crescente di legislazioni nel mondo appare allontanarsi dal dovere imprescindibile di tutelare la vita umana in ogni sua fase”. È un riferimento non velato alle nuove legislazioni mondiale, in particolare alla legge sull’eutanasia in Portogallo, perché i vescovi avevano usato proprio questa argomentazione.
Papa Francesco rinnova l’appello “affinché ad ogni persona umana siano offerte le cure e l’assistenza di cui abbisogna”, chiede di favorire “l’accesso universale all’assistenza sanitaria di base, incentivando pure la creazione di presidi medici locali e di strutture sanitarie confacenti alle reali esigenze della popolazione, nonché la disponibilità di terapie e farmaci”, un campo che “non può essere legato alla logica del profitto”.
Il Papa, in linea con gli appelli della Santa Sede (e in particolare l’ultimo di Caritas Internationalis) esorta “tutti gli Stati a contribuire attivamente alle iniziative internazionali volte ad assicurare una distribuzione equa dei vaccini, non secondo criteri puramente economici, ma tenendo conto delle necessità di tutti, specialmente di quelle delle popolazioni più bisognose”. Papa Francesco chiede comunque di mantenere “comportamenti responsabili” per evitare la diffusione del coronavirus.
La seconda crisi è la crisi ambientale, perché, sebbene la crisi sanitaria e quella ambientale presentino profonde differenze, hanno anche delle similitudini. Il Papa definisce la crisi ambientale più radicata, nota che “gli impatti, ad esempio, del cambiamento climatico, siano essi diretti, quali gli eventi atmosferici estremi come alluvioni e siccità, oppure indiretti, come la malnutrizione o le malattie respiratorie, sono spesso gravidi di conseguenze che permangono per molto tempo”.
Papa Francesco chiede un rinnovato impegno delle nazioni nei cosidetti CoP, in particolare il prossimo di Glasgow, perché “questo è il momento di agire”, come dimostrano le isole del Pacifico che rischiano di scomparire, le recenti inondazioni nel Sud Est asiatico, gli incendi in Australia e California dello scorso anno, l’insicurezza alimentare che ha colpito Burkina Faso, il Mali e il Niger, “con milioni di persone che soffrono la fame; come pure alla situazione in Sud Sudan, dove si corre il rischio di una carestia e dove peraltro persiste una grave emergenza umanitaria”.
Il Papa si sofferma sul Sud Sudan, dove vorrebbe andare, ricorda che lì “oltre un milione di bambini ha carenze alimentari, mentre i corridoi umanitari sono spesso ostacolati e la presenza delle agenzie umanitarie nel territorio viene limitata”, e chiede alle autorità sud-sudanesi – cui ha mandato una lettera a Natale - di superare “le incomprensioni e proseguano nel dialogo politico per una piena riconciliazione nazionale”.
La terza crisi è quella economica, in parte causata dalle politiche di contenimento del coronavirus, con i lockdown che hanno causato “la chiusura di esercizi commerciali e il generale rallentamento delle attività produttive, con gravi ricadute sulle imprese, soprattutto quelle medio-piccole, sull’occupazione e conseguentemente sulla vita delle famiglie e d’intere fasce della società, particolarmente quelle più deboli”.
Per Papa Francesco, “serve una sorta di ‘nuova rivoluzione copernicana’ che riponga l’economia a servizio dell’uomo e non viceversa”, notando che “non di rado sono prevalse spinte a cercare soluzioni particolari a un problema che ha invece dimensioni globali. Oggi meno che mai si può pensare di fare da sé”.
Papa Francesco chiede “iniziative comuni e condivise anche a livello internazionale, soprattutto a sostegno dell’occupazione e a protezione delle fasce più povere della popolazione”, appoggia il piano Next Generation EU dell’Unione Europea, ricorda che “la crisi ha interessato soprattutto quanti lavorano nei settori informali, i quali sono stati i primi a vedere scomparire i propri mezzi di sussistenza” - un tema che il Papa ha segnalato nel suo messaggio di Pasqua ai movimenti popolari.
Papa Francesco chiede che “sia assicurata a tutti la stabilità economica per evitare le piaghe dello sfruttamento e contrastare l’usura e la corruzione, che affliggono molti Paesi nel mondo, e tante altre ingiustizie che si consumano ogni giorno di fronte agli occhi stanchi e distratti della nostra società contemporanea”.
Il Papa nota anche la crescita del cybercrime, e in particolare della pedopornografia, nonché la crescita di emergenze umanitarie. E, tra queste, cita “il Sudan, dove si sono rifugiate migliaia di persone in fuga dalla regione del Tigray, come pure ad altri Paesi dell’Africa sub-sahariana, o alla regione di Cabo Delgado in Mozambico, dove tanti sono state costretti ad abbandonare il proprio territorio e si trovano ora in condizioni assai precarie”, ma anche Yemen e Siria.
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Di fronte alle crisi umanitarie, la Santa Sede scoraggia l’uso delle sanzioni, “anche per favorire il flusso di aiuti umanitari, innanzitutto di medicinali e di strumenti sanitari, oltremodo necessari in questo tempo di pandemia”, e chiede ancora una volta di condonare, o ridurre, “il debito che grava sui Paesi più poveri e che di fatto ne impedisce il recupero e il pieno sviluppo”.
Altra crisi accentuata dalla pandemia, quella dei migranti. A causa della chiusura dei confini, i migranti “sono dovuti ricorrere a percorsi sempre più pericolosi” e “il flusso massiccio ha peraltro incontrato una crescita del numero dei respingimenti illegali, spesso attuati per impedire ai migranti di chiedere asilo, in violazione del principio di non-respingimento (non-refoulement)”.
Il Papa definisce urgente “affrontare alla radice le cause che spingono a migrare”, ma anche di aiutare i Paesi di rima accoglienza, e guarda con interesse “la negoziazione del Nuovo Patto dell’Unione Europea sulla migrazione e l’asilo, pur osservando che politiche e meccanismi concreti non funzioneranno se non saranno sostenuti dalla necessaria volontà politica e dall’impegno di tutte le parti in causa, compresi la società civile e i migranti stessi”.
Ricordando l’impegno della Santa Sede sul fronte delle migrazioni (membro dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, membro del Comitato esecutivo dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), Papa Francesco sottolinea che “dalla Seconda guerra mondiale il mondo non aveva ancora assistito a un aumento così drammatico del numero di rifugiati, come quello che vediamo oggi”, e spinge a rinnovare “l’impegno per la loro protezione, come pure per quella degli sfollati interni e di tutte le persone vulnerabili costrette a fuggire dalla persecuzione, dalla violenza, dai conflitti e dalle guerre”.
Il Papa esprime la preoccupazione della Santa Sede per la crisi degli sfollati nel Sahel, dove il numero di sfollati è “aumentato venti morti”. Ma la panoramica internazionale lo porta a guardare anche al colpo di Stato in Myanmar, e auspica che i leader politici incarcerati siano prontamente liberati.
La crisi della politica ha laceranti effetti, che sono emersi durante la pandemia, ne stigmatizza la tendenza alla polarizzazione. Mantenere vive le realtà democratiche è “una sfida che interessa tutti gli Stati”, perché la crisi si nota anche in