Roma , giovedì, 28. gennaio, 2021 11:00 (ACI Stampa).
“Voi dovete vivere giorno per giorno, non dovete pensare ossessivamente al futuro. Sarà una esperienza durissima, eppure non la deprecherete. Ne uscirete migliorati. Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato. Ma alla fine anche per voi sarà una rinascita. Questa è almeno la mia esperienza. Non posso dirvi altro”.
Da questa frase tratta dal libro ‘Nati due volte’ di Giuseppe Pontiggia iniziamo un dialogo con Christian Tasso, fotografo maceratese, ma vive tra Ginevra e NewYork per lavoro, che ha appena editato un volume fotografico sulla disabilità, ‘Nessuno escluso’: “All’inizio del viaggio che racconto in questo volume, mi sono interrogato fortemente sulla bellezza: se è da intendersi come puro fatto estetico, come rigido costrutto culturale o come esempio di matematica perfezione. Nessuno di questi tre esempi rientra nelle opere qui raccolte. La bellezza che ho cercato e che propongo si compone di imperfezione, come elemento caratterizzante l’unicità di un soggetto; di armonia, quale spazio di congiunzione fra l’uomo e il suo mondo; di dialogo non verbale, dove l’obiettivo fotografico ha il compito di proporre all’infinito l’emozione di un frammento di vita condiviso”.
Nella Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità del 2018, il 3 dicembre, le sue foto sono state esposte in formato gigantesco (4 metri per 4 metri) nella sede delle Nazioni Unite a Ginevra, sotto l’egida dell’Alto Commissariato dei Diritti umani. Dal 2014 ha viaggiato in 15 Paesi dei 5 continenti per documentare attraverso la fotografia d’autore come la disabilità sia vissuta all’interno delle culture più lontane: “All’inizio guardavo attraverso l’obiettivo e automaticamente cercavo la disabilità da mettere al centro. Con il passare del tempo, il mio sguardo è cambiato e in ogni singolo ritratto ho cercato la bellezza. Percepivo con forza che la persona non è la sua disabilità, ognuno di noi è tante cose insieme, non è una sola caratteristica”.
Perché un libro fotografico sulla disabilità?
“Nel 2009 una Ong mi chiese di lavorare in Sahara occidentale sulle storie di persone con disabilità. Realizzato quella storia mi venne la curiosità di estendere quella ricerca a tutto il mondo dei disabili. Però ho visto che non c’erano abbastanza informazioni; quindi ho deciso di scrivere un progetto. Mentre cercavo in quale maniera affrontare tale progetto, ho incontrato Nicola Barchet, babbo di una bambina con sindrome di down, che mi ha fatto capire quanto sia importante cambiare gli stereotipi sulle persone con disabilità: è stato lui a insegnarmi che anche gli sguardi solidali possono essere dannosi. Da lì ho iniziato a viaggiare, cercando di sviluppare un progetto, che potesse contribuire ad abbattere gli stereotipi”.