Agrigento , giovedì, 28. gennaio, 2021 9:00 (ACI Stampa).
In vista della beatificazione di Rosario Livatino, l’Arcivescovo di Agrigento Cardinale Francesco Montenegro e l’Arcivescovo Coadiutore Monsignor Alessandro Damiano, hanno scritto una lettera alla comunità di Canicattì, la cittadina che ha dato i natali al magistrato ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990. La missiva nasce dalla resistenza della comunità natale del magistrato che si oppone alla traslazione della salma nella Cattedrale di Agrigento.
La santità di Rosario Livatino – scrivono i due Vescovi – “si radica nel proprio contesto originario, ma eccede i confini di un luogo circoscritto per assumere dimensioni ben più vaste”.
“E’ soprattutto per la valenza simbolica del suo singolare profilo di uomo, di cristiano e di santo – sottolineano il Cardinale Montenegro e Monsignor Damiano — che il prossimo Beato si inserisce in un orizzonte molto più ampio di quello circoscrivibile alla sua città natale. In lui la professione della fede e l’annuncio del Vangelo si concretizzano in un modello inedito di santità, senza precedenti nella storia della Chiesa. Sarà infatti il primo magistrato laico, impegnato in prima fila nella lotta alla mafia, a essere proclamato Beato e Martire, per di più in un periodo storico dell’Italia, dell’Europa e del mondo particolarmente caratterizzato da profonde crisi dei valori, delle coscienze, delle istituzioni”.
Il Cardinale Montenegro esprime il suo dispiacere per il no della comunità di Canicattì alla traslazione della salma del futuro Beato nella Basilica Cattedrale di Agrigento. “La sepoltura privilegiata nella Basilica Cattedrale — riconosciuta dalla tradizione ecclesiale come la Chiesa Madre della Diocesi — sarebbe auspicabile e preferibile, visto che la riconosciuta santità del battezzato diventa dono per tutta la Chiesa, sia particolare sia universale. Considerato, inoltre, l’interesse riservato al prossimo Beato in ambito nazionale e internazionale, la custodia delle reliquie nella Cattedrale di Agrigento garantirebbe alla sua memoria una maggiore visibilità, non solo logistica, ma anche simbolica”.
“Ci auguriamo che – conclude la lettera – chi ha esagerato nel parlare abbia l’umiltà di riconoscerlo, la saggezza di ravvedersi e la disponibilità ad aprirsi a un dialogo costruttivo, perché una pace ricomposta e un’intesa ritrovata ci aiutino a indirizzare i legittimi eredi verso la decisione più idonea, che dovrà tenere in conto i criteri oggettivamente più validi e dovrà infine ricevere il consenso della Congregazione delle Cause dei Santi”.