Il vescovo nigeriano chiede ai governi africani di avere il coraggio di rifiutare gli aiuti offerti in cambio di ingerenze sull’etica e sulla religione.
Il tema è stato spesso dibattuto anche in alcuni momenti dei sinodi dedicati all’ Africa. Una delle difficoltà per molti paesi è proprio quella di dovere accettare aiuti in cambio di programmi e legislazioni che implicano un controllo delle nascite basato su aborto, etc.
Nelle proposizioni finale della II Assemblea sinodale per l’ Africa scrissero:
“I Padri sinodali conoscono gli aspetti problematici del Protocollo di Maputo sulle donne e la vita, ad esempio riguardo alla salute riproduttiva. Ma soprattutto ritengono inaccettabile la promozione dell’aborto nell’articolo 14,2/c: "proteggere i diritti riproduttivi delle donne autorizzando l’aborto clinicamente assistito nei casi di violenza sessuale, stupro, incesto e quando portare avanti la gravidanza comporterebbe la salute mentale e fisica della donna o la vita della donna o del feto".
Secondo l’insegnamento della Chiesa, l’aborto è contrario alla volontà di Dio. Inoltre questo articolo è in contraddizione con i diritti umani e con il diritto alla vita. Banalizza la serietà del crimine dell’aborto e svaluta il ruolo della maternità. La Chiesa condanna questa posizione sull’aborto, proclamando che il valore e la dignità della vita umana siano protetti dal concepimento fino alla morte naturale.
I Padri sinodali invitano la Chiesa in Africa e nelle sue Isole a dedicarsi ad usare i mezzi e le strutture necessari per accompagnare donne e coppie tentate di abortire. Inoltre lodano il coraggio dei governi che combattono l’aborto nella loro legislazione”.
Se ne parlò già al Cairo nel 1994 alla conferenza organizzata dal Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) che introdusse il termine di “salute riproduttiva” per le donne.
Un termine ambiguo. Tanto che Papa Giovanni Paolo II il 19 marzo del 1994, la Conferenza si svolse a settembre, così scriveva al Segretario Generale delle Nazioni Unite: “il progetto di documento finale della prossima Conferenza de Il Cairo ha attirato la mia attenzione. E' stata per me una dolorosa sorpresa.
Le innovazioni che contiene, a livello sia di concetti che di terminologia, ne fanno un testo molto differente dai documenti delle Conferenze di Bucarest e di Città del Messico. Non si può non aver paura degli sbandamenti morali, che potrebbero trascinare l' umanità verso una sconfitta, la cui prima vittima sarebbe proprio l' uomo.
Si noterà, per esempio, che il tema dello sviluppo, iscritto all' ordine del giorno dell' incontro de Il Cairo, con la problematica molto complessa del rapporto tra popolazione e sviluppo che dovrebbe costituire il cuore del dibattito, passa invece quasi inosservato, tanto ridotto è il numero delle pagine ad esso dedicate. L' unica risposta alla questione demografica e alle sfide poste dallo sviluppo integrale della persona e delle società sembra ridursi alla promozione di uno stile di vita le cui conseguenze, se esso fosse accettato come modello e piano d' azione per l' avvenire, potrebbero rivelarsi particolarmente negative. I responsabili delle nazioni hanno il dovere di riflettere in profondità e secondo coscienza su tale aspetto della realtà.
Inoltre, la concezione della sessualità sottesa a questo testo è totalmente individualista, nella misura in cui il matrimonio appare ormai superato. Ma un' istituzione naturale così fondamentale ed universale come la famiglia non può essere manipolata da nessuno.(…) Ancora più gravi appaiono le numerose proposte di un riconoscimento generalizzato, su scala mondiale, del diritto all' aborto senza restrizione alcuna: il che va ben al di là di quanto purtroppo consentono già diverse legislazioni nazionali.
In realtà, la lettura di questo documento che, è vero, costituisce solo un progetto, lascia l' amara impressione di un' imposizione: quella di uno stile di vita tipico di certe frange delle società sviluppate, materialmente ricche, secolarizzate. I paesi più sensibili ai valori della natura, della morale e della religione accetteranno senza reagire una simile visione dell' uomo e della società?”
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Lo sviluppo della storia ha messo in chiaro che la preoccupazione di San Giovanni Paolo II era ben fondata. E oggi dall’ Africa si alza ancora un grido di aiuto.
Anche il Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Kenya, p. Bonaventura Luchidio afferma: ”Anche se abbiamo bisogno dei fondi per il sostegno allo sviluppo e l'aiuto umanitario, può sembrare non etico e immorale collegare il tessuto morale e la coscienza delle persone a uno sviluppo e agli aiuti umanitari”.
La preoccupazione è condivisa anche dal Segretario Generale del Segretariato Cattolico della Nigeria, p. Zacharia Samjumi che denuncia l'ingiusta distribuzione di aiuti a seconda di dove si trovano le rispettive alleanze nell'agenda pro-choice.
"Alle organizzazioni che promuovono i valori tradizionali e l'etica incontaminata viene negato il sostegno finanziario per i loro programmi sensibili alla cultura, mentre quelle che si concentrano su stili di vita aberranti, contraccezione e aborto ricevono bei finanziamenti", p. Samjumi ha detto ad ACI Africa.
Notando che alcune agenzie straniere “mirano davvero a promuovere l'aborto”, padre Joseph denuncia le "terribili conseguenze" che tali azioni hanno sulle donne come "morte, difficoltà ad avere figli, sesso facile, prostituzione, confusione sulla dignità umana".
Gli africani, dice il vescovo Oballa, devono essere "attenti a riconoscere e affrontare strategie dirette e sottili nelle pubblicazioni e nelle discussioni sulle questioni familiari".