Comparandola alle nunziature classiche, ci si potrebbe chiedere quale sia la relazione con la Chiesa locale, dato che l’UE comprende diverse Chiese locali. È vero che il nunzio presso l’Unione Europea non ha responsabilità di giurisdizione su nessun Paese dell’UE, però esiste una istituzione ecclesiastica, la Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (COMECE) che rappresenta le diverse conferenze episcopali, ed è direttamente in relazione con la nunziatura un po’ come lo è una conferenza episcopale con le nunziature del loro Paese. Non c’è, dunque, una relazione diretta con ogni vescovo, ma allo stesso tempo, è evidente che l’azione della nunziatura sarà sempre in relazione con la vita della Chiesa nell’ UE e nel Mondo.
Quale è il lavoro della nunziatura presso l’Unione Europea?
La nunziatura lavora con le autorità dell’Unione Europea per mantenere delle relazioni che sono diplomatiche come lo fanno tutte le nunziature con le autorità dello Stato presso le quali sono accreditate. Un ambasciatore non assiste alle riunioni del governo dello Stato che li ospita, ma segue la vita politica, ed particolarmente i lavori del Parlamento, cercando di essere prudenti per non essere accusati di fare ingerenze. La nunziatura presso l’UE fa la stessa cosa, seguendo i lavori delle tre Autorità dell’Unione, ossia la Commissione Europea ed il Consiglio Europeo, cercando di instaurare un dialogo diretto con i Commissari ed i funzionari competenti.
Per quanto riguarda invece le relazioni con il Parlamento Europeo?
Quanto alle relazioni con il Parlamento Europeo, conviene alla nunziatura di agire con discrezione lavorando sempre in relazione con la COMECE che può trattare più direttamente non avendo il carattere diplomatico che esige un comportamento più riservato.
Il suo mandato di nunzio in Europa si è concluso con la “visita virtuale” del Cardinale Pietro Parolin per i cinquanta anni di relazioni diplomatiche tra Santa Sede ed Unione Europea. Cosa prevede per il futuro nelle relazioni Santa Sede – UE?
Lo scopo principale delle relazioni della Santa Sede con l’Unione Europea è di stabilire uno dialogo ritenendo che non si tratta di negoziare uno testo o uno accordo. Ovviamente, non ho inventato la parola “dialogo”, si è desiderato che si sviluppasse sempre di più un dialogo tra la Santa Sede e la Commissione Europea, il Consiglio Europeo ed il Parlamento Europeo. Abbiano desiderato istituzionalizzare al massimo il dialogo. Inoltre, si dovrebbe andare avanti su questa strada di un dialogo che sia “strutturato”. Una espressione, quest’ultima, che fu coniata dall’Onorevole Federica Mogherini durante il suo mandato di Alto Rappresentante UE per la politica estera.
Lei crede che il progetto europeo sia ancora vivo? O è un processo ancora in corso?
Ha usato due parole, progetto e processo. Mi sembra che il concetto di “progetto” è più statico perche lo che si desidera realizzare è già definito, al contrario il concetto di “processo” è più dinamico, è uno cammino, e in cammino si può migliorare, rivedere le cose. Personalmente preferisco parlare dell’Unione Europea come di un “processo euroeo”. Così, l’Unione Europea insiste molto sulla dimensione democratica dei valori nello Stato di diritto. Ha ragione, perché il continente europeo ha qualcosa da dire sulla democrazia e per tale ragione nel contesto mondiale attuale non dobbiamo guardare al processo europeo con disillusione. Credere o non al processo europeo non è la vera domanda che si pone agli europei.
E quale è la vera domanda?
La vera domanda è chiedersi se abbiamo alla scelta. Vogliamo ritornare al passato? Per me, siamo di fronte ad un dilemma: i rischi del passato o l’attuale processo europeo. Abbiamo scelta riguardo l’Unione Europea? Si è arrivati all’Unione Europea dopo due guerre mondiali nate in Europa, due grandi dittature che sono ugualmente nate e sviluppate in Europa. Sulla carta, c’è Oggi, l’Europa: è ancora interessata da questo lungo lavoro di gestazione? Sulla carta il processo è abbastanza chiaro, ma bisogna farlo funzionare. A tale fine, servono dunque persone concrete, ciascuna con la propria storia, intelligenza, volontà di azione. Abbiamo fatto l’Europa, ma adesso bisogna fare nascere gli Europei, per parafrasare un famoso statista italiano.
In una Europa sempre più secolarizzata, con una politica che tende sempre più a mettere la libertà religiosa ai margini, la voce della Santa Sede è ancora ascoltata?
Iscriviti alla nostra newsletter quotidiana
Ricevi ogni giorno le notizie sulla Chiesa nel mondo via email.
Nell'ambito di questo servizio gratuito, potrete ricevere occasionalmente delle nostre offerte da parte di EWTN News ed EWTN. Non commercializzeremo ne affitteremo le vostre informazioni a terzi e potrete disiscrivervi in qualsiasi momento.
Anche il Signore ha predicato nel deserto. Perché una voce sia ascoltata, c’è bisogno che ci siano orecchie aperte e disposte ad ascoltare. Il messaggio della Chiesa è il messaggio del Vangelo. Oggi, Papa Francesco, con l’enciclica Fratelli Tutti, ha introdotto questo nuovo concetto, che sarà tutto da sviluppare: il concetto dell’amicizia sociale. Tutti mi chiedono cosa sia. La Chiesa aveva già parlato di civiltà dell’amore, e anche parlare di amicizia è parlare di una forma di amore. Ma, mi sembra che nel concetto di “amicizia sociale” di Papa Francesco c’è un principio fondatore della società che non possa essere solo l’interesse economico e politico o culturale, c’è la dimensione della relazione di persona a persona basata sull’amore del prossimo che diviene fondatrice della società umana. Il fatto che le persone si chiedono cosa si intenda, però, dimostra che la voce della Chiesa è ascoltata.
Da cosa lo vede, in particolare?
Lo ho visto anche negli ultimi contatti che ho avuto in videoconferenza, a causa delle restrizioni anti-COVID, con i commissari europei ed i capi di gabinetto, e lo ho visto con la visita virtuale del Cardinale Parolin. Ora si tratta di continuare questo dialogo. Sì, credo che la voce della Santa Sede interessa i nostri interlocutori dell’Unione Europea perche sono dei responsabili che devono prendere delle decisioni concrete, ma da “interessante” la voce della Santa Sede e dunque della Chiesa deve essere “ascoltata”. È raro che io parli a grandi folle, ma parlo a delle persone singolari. E quando queste persone hanno delle responsabilità, il nostro compito è far nascere in loro l’interesse per quel che il Papa dice.
È stato nunzio presso l’Unione Europea per otto anni. In questo periodo, l’Europa è cambiata?
Già quando è stato adottato il Trattato di Lisbona nel 2007, c’è stato un cambiamento. Ovviamente, nessuno può dire come questo cambiamento sarebbe stato se ci fosse stata la Costituzione europea, prima voluta e poi rinviata. Di quella Costituzione abbiamo una forma ridotta nel Trattato di Lisbona. I documenti, tuttavia, devono avere la virtù di essere chiari: non sono i testi che fanno funzionare le cose, ma le persone. Nel caso dell’UE, chiamarsi “Unione Europea” ha già rappresentato un cambiamento sostanziale della realtà.
A che punto è dunque il processo europeo?