Roma , sabato, 26. dicembre, 2020 10:00 (ACI Stampa).
“Aprite la porta al Signore che nasce e non abbiate timore di salire, un passo alla volta, tenendo la mano del fratello, sul monte del dolore dell’umanità per annunciare a tutti che il nostro Dio è ancora l’Emmanuele, è il Dio-con-noi”.
È l'invito che è arrivato dai vescovi italiani in un messaggio in occasione del Natale. Parole di speranza in un tempo difficile come quello che stiamo vivendo a causa della pandemia (negli ultimi giorni anche alcuni vescovi italiani sono risultati positivi all’esame da Covid 19) sono arrivate nelle omelie della Vigilia e della Festa del Natale che abbiano celebrato ieri.
E proprio ieri è tornato a celebrare in pubblico il presidente della Cei, il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, dopo i giorni di ricovero in ospedale a causa proprio del virus: “giorni drammatici”, li ha definiti. “Il Bambino Gesù, con la sua fragilità, ci insegna ad avere fiducia e a guardare al futuro sempre con speranza”, ha detto nell’omelia invitando ad accogliere Gesù “come ha fatto san Giuseppe, la cui presenza discreta e paterna mai manca accanto a Maria e al bambino. In quest’anno speciale che il Papa ha dedicato al Patrono della Chiesa universale, chiediamo a Giuseppe la sua stessa tenerezza”: “solo la tenerezza che un padre può avere per il proprio figlio, può farci guardare con misericordia i nostri limiti, e permetterci di essere misericordiosi e caritatevoli con gli altri. E Dio solo sa quante famiglie, quante persone, quanti poveri hanno ancora più bisogno oggi, anche in questi giorni di festa, della nostra attenzione e della nostra opera. Siate aperti di cuore, siate solidali con chi ha bisogno”.
L’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ieri a celebrato in Duomo e nel carcere di San Vittore. “Noi annunciamo non una nascita ma una rinascita. Noi – ha detto - non siamo incaricati di dire: è nato Gesù; piuttosto siamo mandati per dire: oggi ti è offerta la grazia perché possa rinascere tu. La rinascita dell’umanità è la vocazione a diventare fraternità, Fratelli tutti, secondo la parola di Papa Francesco. Un modo di vivere, di pensare, di usare delle risorse che non aspetta che sia finita l’epidemia per condividere la speranza, la stima vicendevole, la solidarietà concreta che soccorre chi è nel bisogno”. L’arcivescovo di Milano ha anche visitato alcuni anziani nelle Rsa nel pomeriggio di ieri.
“Il protrarsi della pandemia – ha detto il Patriarca di Venezia, Franceso Moraglia - ci porta a vivere un Natale particolare, segnato da non poche limitazioni imposte dall’autorità pubblica per il bene comune, prima fra tutte il non poter vivere pienamente, in famiglia e insieme ai nostri cari, questi giorni. E non tutti quelli che avrebbero voluto essere qui in basilica sono potuti venire”. Tutto questo non ci impedisce di “fare” Natale, di “lasciar risuonare nel nostro cuore e nelle nostre famiglie la bella notizia di questo giorno: ‘…il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi’. Dio, nel Bambino nato a Betlemme, si è manifestato come Colui che si abbassa per condividere le fatiche, le sofferenze, le fragilità, le debolezze umane”. Il Natale – ha spiegato Moraglia - da tempo, aveva “infelicemente assunto forme non sue. Il Natale autentico, il Natale di Gesù, non è quello ristretto nei criteri commerciali e consumistici del lusso, dei regali costosi, delle grandi abbuffate, delle feste smodate o della vacanza in località esclusive e in cui neppure si nomina o ricorda il festeggiato. La nascita di Gesù a Betlemme ci racconta tutt’altro”.