La fraternità che ci viene data dalla venuta del Figlio di Dio, spiega Papa Francesco, è “una fraternità basata sull’amore reale, capace di incontrare l’altro diverso da me, di con-patire le sue sofferenze, di avvicinarsi e prendersene cura anche se non è della mia famiglia, della mia etnia, della mia religione; è diverso da me ma è mio fratello, è mia sorella”. Una fraternità che “vale anche nei rapporti tra i popoli e le nazioni”.
Dice Papa Francesco: "Oggi, in questo tempo di oscurità e incertezze per la pandemia, appaiono diverse luci di speranza, come le scoperte dei vaccini. Ma perché queste luci possano illuminare e portare speranza al mondo intero, devono stare a disposizione di tutti".
E così, Papa Francesco sottolinea che non si può "lasciare che i nazionalismi chiusi ci impediscano di vivere come la famiglia umana che siamo", né che il "virus dell’individualismo radicale vinca noi e ci renda indifferenti alla sofferenza di altri fratelli e sorelle".
"Non posso - aggiunge Papa Francesco - mettere me stesso prima degli altri, mettendo le leggi del mercato e dei brevetti prima delle leggi dell’amore". E quindi il Papa prega governi, aziende farmarceutiche, organizzazioni internazionali di "promuovere la cooperazione e non la concorrenza" e di cercare "vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi".
In nome di questa fraternità, Papa Francesco chiede di essere “disponibili, generosi e solidali” verso le persone più fragili o quelli più colpiti dalle conseguenze della pandemia, incluse “le donne che in questi mesi di confinamento hanno subito violenze domestiche”.
Papa Francesco chiede poi “una rinnovata cooperazione sanitaria, a cominciare dall’ambito sanitario, affinché a tutti sia garantito l’accesso ai vaccini e alle cure”, perché di fronte a questa pandemia che “non conosce confini”, non si “possono erigere barriere”.
Il Papa ribadisce che siamo tutti fratelli, e che “in ciascuno vedo riflesso il volto di Dio”, in particolare “nel malato, nel povero, nel disoccupato, nell’emarginato, nel migrante e nel rifugiato”.
Papa Francesco pensa ai bambini che soffrono la guerra, in particolare “in Siria, in Iraq, nello Yemen”, e chiede che “i loro volti scuotano le coscienze degli uomini di buona volontà”, perché “ci si adoperi con coraggio per costruire un futuro di pace”.
Papa Francesco auspica che il tempo di Natale sia “il tempo propizio per stemperare le tensioni in tutto il Medio Oriente e nel Mediterraneo orientale”, pensa in particolare al popolo siriano, ma anche agli yazidi di Iraq, ai negoziati in Libia che spera portino “alla fine di ogni forma di ostilità nel Paese”.
Immancabile la menzione al conflitto israeliano-palestinese: Papa Francesco si augura che i due popoli “possano recuperare la fiducia reciproca per cercare una pace giusta e duratura attraverso un dialogo diretto, capace di vincere la violenza e di superare endemici risentimenti, per testimoniare al mondo la bellezza della fraternità”.
Rimanendo in Medio Oriente, Papa Francesco guarda al Libano, e prega che il Paese “possa percorrere un cammino di riforme e proseguire nella sua vocazione di libertà e convivenza pacifica”.
Quindi, Papa Francesco sposta lo sguardo sul conflitto in Nagorno Karabakh, chiede di sostenere “l’impegno della comunità internazionale” e dei Paesi coinvolti a preservare il cessate il fuoco nella regione, e lo stesso prega per la situazione nelle regioni orientali dell’Ucraina.
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Papa Francesco sposta poi l’attenzione sulla situazione in Africa. Prega perché si allevi la sofferenza “delle popolazioni del Burkina Faso, del Mali e del Niger, colpite da una grave crisi umanitaria, alla cui base vi sono estremismi e conflitti armati, ma anche la pandemia e altri disastri naturali”.
Guarda agli scontri in Etiopia, ma anche a Cabo Delgado in Mozambico, la cui popolazione è “vittima della violenza del terrorismo internazionale”: lì dal 2017 un gruppo che si è detto affiliato all’ISIS ha cominciato una insurrezione, e Papa Francesco a inizio dicembre ha inviato una donazione di 100 mila euro con cui saranno costruiti due centri sanitari.
Quindi, Papa Francesco menziona le situazioni in Sud Sudan, in Nigeria e in Camerun, Paesi per cui chiede di “proseguire il cammino di fraternità e di dialogo intrapreso”.
La geopolitica papale guarda anche al continente americano “particolarmente colpito dal coronavirus”, pandemia che “ha esacerbato le tante sofferenze che lo opprimo” e cita in particolare “le recenti tensioni sociali in Cile” (dove anche chiese sono state bruciate) e la situazione in Venezuela.
Il Papa prega dunque che “il Re del Cielo protegga le popolazioni flagellate da calamità naturali nel sud-est asiatico, in modo particolare nelle Filippine e in Vietnam, dove numerose tempeste hanno causato inondazioni con ricadute devastanti sulle famiglie che abitano in quelle terre, in termini di perdite di vite umane, danni all’ambiente e conseguenze per le economie locali”.
Per Papa Francesco, Asia significa anche rohingya, popolazione musulmana dello Stato di Rakhine in Myanmar da tempo profughi e rimpallati di Stato in Stato, una questione di cui Papa Francesco ha fatto un centro diplomatico.