Città del Vaticano , lunedì, 21. dicembre, 2020 18:00 (ACI Stampa).
Per Giovanni Paolo II il Natale è sempre stato l’occasione di pensare a coloro che sono senza pace. Si perché in guerra sia perché in ricerca.
Il suo primo Natale come Pontefice Giovanni Paolo II lo avrebbe voluto celebrare in Terra Santa. Lo ricordò proprio nella omelia della Messa della Notte in San Pietro: “Dato che le circostanze non me lo consentono, e trovandomi qui con tutti voi, ancor più cerco di essere là spiritualmente con voi tutti, per colmare questa liturgia con la profondità, l’ardore, l’autenticità di un intenso sentimento interiore”.
Liturgia che è realismo. Un connubio del cuore del Papa che ha viaggiato in ogni parte del mondo legando alla realtà la liturgia con i colori di ogni popolo.
“Per avere un quadro completo della realtà di quell’evento,- diceva il 24 dicembre del 1978- per penetrare ancor più nel realismo di quel momento e dei cuori umani, ricordiamoci che ciò è avvenuto così come è avvenuto: nell’abbandono, nell’estrema povertà, nella stalla-grotta, fuori della città, perché gli uomini, nella città, non hanno voluto accogliere la Madre e Giuseppe in nessuna delle loro case. Da nessuna parte c’era posto. Sin dall’inizio, il mondo si è rivelato inospitale verso il Dio che doveva nascere come Uomo.(…)
Pensiamo quindi questa notte anche a tutti gli uomini che cadono vittime dell’umana disumanità, della crudeltà, della mancanza di qualsiasi rispetto, del disprezzo dei diritti oggettivi di ciascun uomo. Pensiamo a coloro che sono soli, anziani, ammalati; a coloro che non hanno una casa, che soffrono la fame, la cui miseria è conseguenza dello sfruttamento e dell’ingiustizia dei sistemi economici. Pensiamo anche a coloro, ai quali non è permesso, in questa notte, di partecipare alla liturgia della Nascita di Dio, e che non hanno un sacerdote che possa celebrare la Messa. E andiamo col pensiero anche a coloro, le cui anime e coscienze sono tormentate non meno che la loro fede”.