Città del Vaticano , giovedì, 10. dicembre, 2020 17:00 (ACI Stampa).
“In questo tempo di pandemia, le parole: “salvezza e “guarigione” hanno assunto per tutti un nuovo significato, drammaticamente concreto e tangibile. L’esigenza di essere salvati, anche per gli uomini che si sentono importanti e autonomi, è riemersa potentemente, e, come sempre accade, la domanda ha bisogno di essere orientata, per poter incontrare una risposta autentica”.
Con queste parole il cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore si rivolge ai Penitenzieri delle basiliche papali e a tutti i confessori.
“Chiediamo - scrive il cardinale- di essere capaci di trasmettere ai fedeli, che a noi si rivolgono, la tenerezza dell’abbraccio misericordioso e consolatorio del bambino Gesù, affinché anche i cuori più induriti si aprano all’Amore e riconoscano il Salvatore. La confessione sacramentale è e rimane indispensabile, almeno una volta all’anno e comunque sempre in caso di peccato mortale, per potersi accostare degnamente alla santa comunione”.
Il cardinale sottolinea che “il male “riparato” dalla penitenza, affretta l’avvento del Regno, frena il potere del male e ci rende partecipi dell’unica Redenzione operata da Cristo”.
La confessione è un momento di catechesi e di conforto e “l’uomo che accetta il Sacrificio del Figlio come dono, che accetta il fatto sconvolgente di un bambino indifeso, capace di redimere l’umanità, e che, come i sapienti magi e gli umili pastori, lo riconosce Signore della vita e della storia, l’uomo che non rifiuta il Suo Amore infinito, sarà, nel giorno ultimo, giudicato con amore. Al contrario, rifiutando questo incontro, rifiutando la grazia che il Signore dona, l’uomo vi si auto-esclude, condannandosi da se stesso”.