Milano , sabato, 5. dicembre, 2020 11:00 (ACI Stampa).
“Mi sembra che oggi sia diffuso un atteggiamento più incline alla rinuncia che alla speranza. Ho l’impressione che, insieme alla prudenza, alla doverosa attenzione a evitare pericoli per sé e per gli altri e danni al bene comune, ci siano anche segni di una sorta di inaridimento degli animi, un lasciarsi travolgere dal diluvio di aggiornamenti, di fatti di cronaca, di rivelazioni scandalose, di strategie del malumore, di logoranti battibecchi”. Lo ha detto ieri l’Arcivescovo di Milano Monsignor Mario Delpini, pronunciando il tradizionale discorso alla città nella Basilica di Sant’Ambrogio, alla vigilia della festa del Patrono.
“Proprio questi sintomi – ha sottolineato l’Arcivescovo - inducono a formulare una diagnosi definibile come emergenza spirituale. Con ciò si intende lo smarrimento del senso dell’insieme che riduce in frantumi la società e l’identità personale e permette così ai diversi frammenti di imporsi e dominare la scienza. Ne deriva la condizione di aridità degli animi che sono come assediati dalle emozioni, dalle apprensioni, dalle notizie della pandemia. Non riescono a pensare ad altro, non possono parlare d’altro. Il resto del mondo e dei temi decisivi per la vita delle persone, delle comunità, del pianeta è emarginato, ha perso interesse”.
In piena pandemia l’Arcivescovo di Milano ha voluto elogiare quanti hanno fatto e continuano a fare il proprio dovere. “Non pretendono di fare notizia, non cercano occasioni per esibirsi in pubblico, non si aspettano riconoscimenti: stanno al proprio posto. Sono infastiditi dalle chiacchiere – ha osservato - non riescono a capire come ci sia gente che ha tanto tempo per discutere, litigare, ripetere banalità. Rimangono dove sono e perciò la società continua a funzionare. Nei disagi e nelle complicazioni, con attenzione e prudenza, restano lì”.
Secondo il presule poi “per dare concretezza alle buone intenzioni è necessario procedere per un cammino condiviso, riconoscere un fondamento comune, in altre parole avere una visione. Papa Francesco ce lo ha richiamato con incisiva chiarezza nella sua ultima enciclica Fratelli tutti”.
“Si può dire – ha concluso Monsignor Delpini - che tocca a noi recuperare le nostre radici, essere fieri della nostra identità originale e proporre una visione comune. Tocca a noi, in coerenza con la nostra cultura, elaborare una visione comune con i tratti di quella sapienza popolare, di quel pragmatismo operoso, di quel senso del limite e quella consapevolezza di responsabilità che sono alieni da ogni fanatismo, da ogni rassegnazione, da ogni conformismo ottuso, capaci di realismo, di serietà e onestà intellettuale, di senso dell’umorismo, di apertura verso l’altro e verso l’inedito”.