Castelgandolfo , giovedì, 1. ottobre, 2015 9:00 (ACI Stampa).
"Per me il Papa non è morto, ha cambiato sede: dalla cattedra di Pietro dalla quale vigilava anche su di noi e ci proteggeva, alla presenza di Dio dove non può non continuare a proteggerci con quell'amore sensibile, fattivo, materno, costante di cui ci aveva colmati quando era su questa terra". Parole di Chiara Lubich, fondatrice dell’ Opera di Maria, il Movimento dei Focolari alla morte di Papa Palo VI.
Quali siano stati i rapporti tra Paolo VI, Giovanni Battista Montini, ora beato e Chiara Lubich è facile capirlo da questa frase, ma ancora meglio lo si conosce grazie ai testi raccolti nel libro: “ La profezia di una Chiesa che si fa dialogo.”
Una storia che risale a ben prima della stagione del Vaticano II e che ha avuto un seguito anche dopo la metà degli anni Sessanta, in un periodo che ha visto la crescita e l'affermazione all'interno della Chiesa cattolica di numerosi movimenti ecclesiali. Dall'analisi di documenti d'archivio inediti emerge il profondo legame tra Chiara Lubich e Giovanni Battista Montini, il quale, fin dagli anni del servizio in Segreteria di Stato e durante il suo pontificato, seppe valorizzare e incoraggiare la dimensione cristocentrica, fraterna ed ecumenica del carisma del Movimento dei Focolari.
A ricordare alcuni dei momenti più significativi di questa amicizia è Maria Voce che oggi guida la grande famiglia dell’Opera di Maria. Della prima udienza privata concessale da Paolo VI il 31 ottobre 1964, Chiara descrive con parole e accenti toccanti l’esperienza dell’incontro con il pontefice: “Quanta sapienza, quanta apertura, che cuore largo! Rappresentavo e portavo un’Opera nuova nata nella Chiesa, con novità sia nella sua spiritualità, sia nella sua struttura. Ma lì non c’erano difficoltà”.
Nella introduzione al volume Maria Voce ricorda anche il carteggio avuto a proposito del patriarca Athenagoras di Costantinopoli.: “Chiara infatti, dal 1967 al 1972, compie ripetuti viaggi al Fanar per incontrare il patriarca, dato l’interesse e l’amore di questi per il Movimento. In più occasioni la Lubich ha raccontato al pontefice la profonda confidenza spirituale che ne era nata e come il patriarca le comunicava i suoi pensieri e i suoi progetti, le esprimeva la sua costante preghiera a Dio per arrivare «all’unico calice», il suo amore straordinario e la cura per la persona di Paolo VI, tanto che pregava Chiara di trasmettere a lui anche molte raccomandazioni per la sua salute. Di tutto ciò Chiara informava il papa, che regolarmente le rispondeva.
In una di queste lettere possiamo leggere: «Diciamo quanto conforto, quanta edificazione, quanta speranza abbiano recato al nostro spirito le notizie che ella ci comunicava in seguito alle sue conversazioni con il venerando patriarca Athenagoras».” E del resto uno dei carismi dell’ Opera è proprio quello dell’unità.