Filadelfia , domenica, 27. settembre, 2015 16:48 (ACI Stampa).
Quattro edifici residenziali e uno per affari amministrativi che dal 1995 si chiamano Curran-Fromhold Correctional. Il Papa visita i detenuti, tappi ormai consueta nei viaggi di Francesco. Visita la gente che vive in quelle otto unità abitative di 32 celle organizzate intorno a un soggiorno e zona pranzo comune. É un carcere modello quello di Filadelfia e i detenuti hanno accesso alla ricreazione al coperto e all'aperto, ai servizi medici, alla biblioteca. Ma sono sempre quei carcerati che Gesù chiede di andare a visitare. E stavolta sono circa tremila.
“Un società, una famiglia, dice il Papa in spagnolo, che non sa soffrire i dolori dei suoi figli, che non li prende sul serio, che li tratta come cose “naturali” e li considera normali e prevedibili, è una società “condannata” a rimanere prigioniera di sé stessa, prigioniera di tutto ciò che la fa soffrire.”
Ma la fede è il cammino da seguire “sappiamo che Gesù ci cerca, vuole guarire le nostre ferite, curare i nostri piedi dalle piaghe di un cammino carico di solitudine, pulirci dalla polvere che si è attaccata per le strade che ciascuno ha percorso. Non ci chiede dove siamo andati, non ci interroga su che cosa stavamo facendo.” Gesù vuole che questo tempo non sia “sinonimo di espulsione.” Eppure dice il Papa “vivere comporta “sporcare i nostri piedi” per le strade polverose della vita, della storia. Tutti abbiamo bisogno di essere purificati, di essere lavati.”
Quello del Papa è un discorso che mette il dito sulla piaga “di sistemi penitenziari che non cercano di curare le piaghe, guarire le ferite, generare nuove opportunità. E’ doloroso riscontrare come a volte si crede che solo alcuni hanno bisogno di essere lavati, purificati, non considerando che la loro stanchezza, il loro dolore, le loro ferite sono anche la stanchezza, il dolore e le ferite di una società. Il Signore ce lo mostra chiaramente per mezzo di un gesto: lavare i piedi per andare a tavola. Una tavola alla quale Egli vuole che nessuno rimanga fuori. Una tavola che è stata apparecchiata per tutti e alla quale tutti siamo invitati.”
Invece “Gesù ci invita a partecipare alla sua sorte, al suo stile. Ci insegna a guardare il mondo con i suoi occhi. Occhi che non si scandalizzano della polvere della strada, anzi, cerca di pulire e di sanare, cerca di rimediare. Ci invita a lavorare per creare nuove opportunità: per i detenuti, per i loro familiari, per i funzionari; un’opportunità per tutta la società.”