“Sapeva che le stesse parole furono usate nel XIX secolo dal cardinale John Henry Newman quando parlava della dignità dei sacerdoti, uguali nella sua umanità a quelli a cui erano stati inviati: “Egli ha stabilito come predicatori del Vangelo non esseri di origine straniera di qualche natura sconosciuta, ma i vostri fratelli, sangue del vostro sangue e ossa delle vostre ossa”? Era a conoscenza del fatto che le stesse parole adoperò Józef Piłsudski uno dei padri dell’indipendenza polacca nel 1918, e Wojciech Korfanty, quando nel 1921 invocò la Terza Insurrezione Slesiana? ”.
L’arcivescovo ha ricordato che Giovanni Paolo II “quando venne in Patria per la seconda volta, il 16 giugno 1983, durante la legge marziale allora ancora vigente, confessò: “Vengo nella Patria. La prima parola, detta nel silenzio e in ginocchio, è stata un bacio a questo suolo: un suolo natale. /…/ Il bacio deposto sul suolo polacco ha però per me un significato particolare. È come un bacio dato nelle mani della madre, poiché la Patria è la nostra madre terrena”. Ed ecco anche perché “mentre parlava contro l’aborto, a Kielce, il 3 giugno 1991, con grande emozione ha giustificato la sua voce sollevata, veramente profetica: “Forse è per questo che parlo così, perché questa è mia madre, questa terra! Questa è mia Madre, questa Patria! Questi sono i miei fratelli e sorelle! E capite, tutti voi che prendete queste cose con sconsideratezza, dovete capire che queste cose non possono essere irrilevanti per me, non possono non procurarmi il dolore. Dovrebbero addolorare anche voi!”.
Dalla Bulgaria si è levata la voce di Ivan Stoyanov Ivanov del Patriarcato ortodosso di Bulgaria.
“Il viaggio apostolico di Giovanni Paolo II in Bulgaria “un sogno” diventato realtà “. Una forza ecumenica che a seguito della visita apostolica di Papa Giovanni Paolo II ha fatto nascere molte iniziative positive, anche in termini di attività sociale, ecclesiastica e politica. “La sua missione era anche quella di aprire le porte del popolo bulgaro al mondo” ha detto Stoyanov Ivanov. Il suo studio nel libro ha lo scopo “di perseguire l’unità tra cristiani, principale filo conduttore del pontificato di Giovanni Paolo II. Credo che sebbene il processo di unità tra i cristiani sia difficile, non è un’utopia e, nonostante le sue varie difficoltà, può essere realizzato attraverso la diplomazia della Chiesa, gli studi teologici e i fatti storici oggettivi, che vengono gradualmente scoperti in modo ragionevole per una comunicazione più completa, in futuro, tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente”.
Da parte sua la ambasciatrice della Albania presso la Santa Sede Majlinda Dodaj ha ricordato il viaggio di Giovanni Paolo II nel suo paese ma anche la attenzione del Papa per gli Albanesi emigrati. Nel 2004 mette a disposizione degli albanesi la Chiesa di San Giovanni della Malva a Trastevere e nel 2005 ricostruisce la gerarchia della Chiesa cattolica in Albania. E la sede di Tirana Durazzo ritorna ad essere Metropolia.
Singolare la testimonianza di Tomo Vuksic arcivescovo coadiutore di Sarajevo e amministratore apostolico dell’Ordinariato militare.
“La lotta di Giovanni Paolo II per la pace era continua” ha detto. “Le guerre degli anni 90’ nei Balcani all’inizio non hanno destato alcun interesse particolare e preoccupazione né dell’opinione pubblica internazionale né delle autorità mondiali che avrebbero forse potuto impedirle o magari fermarle presto. A differenza loro, intravedendo il pericolo incombente, tra i primi ad alzare la propria voce in maniera vigorosa vi fu Giovanni Paolo II. Più volte alle udienze generali, aveva avvertito sui pericoli e sulle inevitabili tragiche conseguenze della guerra, e quando era già scoppiata parlò molte volte degli orrori e delle sofferenze che aveva causato. Di tali tragici avvenimenti il papa accennò spesso nei suoi discorsi ai fedeli radunati in Piazza di San Pietro per la preghiera dell’Angelus, come pure nelle prediche e nelle omelie soprattutto nei viaggi apostolici in Croazia e in Bosnia ed Erzegovina. Della guerra e delle sofferenze che essa causava egli parlò nelle udienze private e generali, ai partecipanti di vari convegni politici e altri a Roma, poi ai singoli uomini di stato e delegazioni, ai diplomatici e ad altre persone di riguardo. Sulla guerra in Bosnia ed Erzegovina attirava l’attenzione internazionale anche nei consueti incontri con i membri del corpo diplomatico, accreditati presso la Santa Sede, per la presentazione degli auguri di nuovo anno, ma anche nei tradizionali messaggi di Natale e Pasqua”.
Indimenticabile poi la visita di Giovanni Paolo II a Sarajevo nel freddo aprile del 1997 con la celebrazione della messa nello stadio e quelle parole: “Sarajevo, Bosnia ed Erzegovina, hai un avvocato presso Dio, Gesù Cristo giusto!”.
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