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Diplomazia pontificia, il viaggio virtuale del Cardinale Parolin a Strasburgo

Come già accaduto per Bruxelles, il cardinale Parolin compie virtualmente il viaggio che avrebbe dovuto fare a Strasburgo, per i 50 anni della missione della Santa Sede al Consiglio d’Europa

Cardinale Pietro Parolin | Il cardinale Parolin durante l'incontro con il Forum delle ONG Cattoliche, in teleconferenza, il 12 novembre  | ONG Cattoliche Cardinale Pietro Parolin | Il cardinale Parolin durante l'incontro con il Forum delle ONG Cattoliche, in teleconferenza, il 12 novembre | ONG Cattoliche

Due discorsi, quattro incontri bilaterali: anche se non è stato fisicamente a Strasburgo, a causa delle restrizioni per il coronavirus, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha comunque potuto prendere parte agli eventi programmati per i cinquanta anni di relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Consiglio d’Europa online. La modalità è stata quella che è già avvenuta per il suo viaggio a Bruxelles.

Nel corso della settimana, la Santa Sede è intervenuta anche tre volte a Vienna, dove ha affrontato il tema della libertà religiosa, anche riguardo le restrizioni anti-COVID. Ci sono stati, poi, due interventi presso le Nazioni Unite di New York.

                                         FOCUS SEGRETERIA DI STATO

Cardinale Parolin, visita virtuale a Strasburgo: l’incontro con il Consiglio d’Europa

Sarebbe dovuto essere a Strasburgo per tenere discorsi ed incontri di persona, ma le restrizioni dovute alla pandemia hanno fatto sì che il Cardinale Parolin non si muovesse dal Vaticano. Questo, però, non ha spostato l’agenda. Il Cardinale sarebbe andato a Strasburgo per celebrare il 50° della Missione permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa.

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Il Cardinale ha avuto incontri bilaterali con Marija Pejcinovic Buric, segretario generale del Consiglio d’Europa; con Rik Daems, presidente dell’Assemblea Parlamentare; con Robert Spano, presidente della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo; e con Dunja Mijatovic, commissario per i diritti umani.

Il Cardinale Parolin ha prima di tutto parlato con gli officiali e membri del Segretariato del Comitato dei Ministri e altri organismi del Consiglio d’Europa. La sua è stata una lunga relazione, in inglese e francese, in cui ha ripercorso la storia delle relazioni della Santa Sede con il Consiglio d’Europa.

Questa, ha ricordato Parolin, è iniziata nel 1962, quando la Santa Sede è diventata parte della Convenzione Culturale Europea. Ma, sin dalla costituzione del Consiglio d’Europa, la Santa Sede aveva espresso la sua apertura a farne parte.

La priorità della Santa Sede - ha spiegato il Segretario di Stato vaticano – è “La dignità della persona umana”, e Santa Sede e Consiglio d’Europa hanno lavorato insieme “con successo su questo tema”, e c’è intenzione di continuare questa collaborazione, provata anche dalle molte “convenzioni e accordi parziali firmati dalla Santa Sede, così come il suo supporto ad alcuni sistemi giuridici”.

Un’altra delle priorità diplomatiche della Santa è “il rispetto per la democrazia e lo stato di diritto”, e questo è particolarmente importante durante “questo periodo storico in cui siamo tutti preoccupati per la pandemia da COVID”.

La Santa – ha detto il Cardinale Parolin – fornisce il suo contributo a “costruire la famiglia delle nazioni”, anche attraverso la sua missione dell’evangelizzazione nell’ambito della organizzazione, dove è “osservatore”, sebbene non sia soddisfatta nel definirsi un mero osservatore della realtà.

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Piuttosto la Santa Sede, con il suo essere esperta in umanità e la sua autorità, ha “una posizione unica nella comunità”.

Il Cardinale Parolin ha poi delineato sei verità, che riguardano “la persona umana e tutte le persone”.

La prima verità è che l’uomo è magnifico, è un signore e per questo deve essere libero e liberato dalla schiavitù. La Santa Sede, ha detto il Cardinale Parolin, partecipa attivamente a vari comitati intergovernativi, dove ha notato come i tipi di schiavitù che colpiscono il nostro mondo sono di diversi tipi e sono chiamati con nomi differenti, ma sono sempre lì.

La seconda verità universal riguarda la Terra, casa dell’uomo: per il cardinal Parolin, la pandemia da COVID 19 non deve minare l’impegno ecologico, che tra l’altro è nelle corde sia dell’attuale presidenza greca del Consiglio, sia di quella Georgiana che la ha preceduta”.

La terza verità fondamentale è il servizio del mistero della persona umana. Il cardinal Parolin fa l’esempio dei migrant, ma “se noi applicassimo il principio antropologico alla questione migratoria, ci troveremmo a dover appellarci alla nostra coscienza, sia sul piano personale che comunitario”.

La quarta verità universale è che la Santa Sede è al servizio dell’uomo per elevare la persona umana. “La Santa Sede – dice il Cardinale Parolin – è coscienta della sua natura religiosa e della sua natura universal, e desidera portare un contrbuto alla causa della pace nel contest sociale, contro tutte le forme di violenza fisica e verbale.

La quinta verità riguarda la parola della storia, e la sesta verità che "ci troviamo tutti sulla stessa barca”.

Il Cardinale Parolin a Strasburgo, l’incontro con le ONG cattoliche

A Strasburgo, il Cardinale Parolin ha anche incontrato il Forum delle ONG di ispirazione cattolica.

Il Forum è nato nel 2007, e l’iniziativa fu di tale impatto che Papa Benedetto XVI li ricevette in Aula Clementina l’1 dicembre 2007. Le organizzazioni partecipanti al Forum sono circa 90, e includono anche sigle storiche delle organizzazioni Non Governative di ispirazione cattolica, come l’AVSI di Comunione e LiberazioneNew Humanity del Movimento dei FocolariDon Bosco International e Dominicans for Justice and Peace o l’OIDEL, una ONG cattolica specializzata nell’educazione e nella libertà di educazione, ma anche la FAFCE, la Federazione delle Associazioni Cattoliche Familiari d'Europa.

Nel suo intervento, il Cardinale Parolin ha sottolineato che “a tutti i cristiani è domandato di agire come veri cristiani”, e questa è una responsabilità per le ONG di ispirazione cattolica che “lavorano, in effetti, per la promozione della persona umana in tutte le sue dimensioni”.

Il Cardinale ha notato che la crisi da COVID 19 “ha dimostrato che se noi non agiamo per la ricerca del bene comune e del bene della persona umana in quanto tale, i valori che dell’Europa che vogliamo costruire insieme rischiano di sparire, lasciando il posto a divisioni, egoismi, nazionalismi e alla ricerca del profitto da parte di un solo gruppo a detrimento di altri”.

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Il Cardinale Parolin ha poi sottolineato l’importanza di promuovere la fraternità umana, ispirati dalla Fratelli Tutti di Papa Francesco, ma anche di mettere insieme le forze, perché “se ciascuna ONG di ispirazione cattolica si associa alle altre organizzazioni che sono guidate dagli stessi principi di ispirazione del Vangelo, sarà possibile tracciare una carta di bisogni e identificare le risorse necessarie”.

Il Segretario di Stato vaticano ha detto alle ONG che “la comunione è la vostra forza”, anche perché alcune ONG non possono testimoniare senza “l’efficacia di questa comunione ecclesiale”, e “l’isolamento è una povertà”.

Il Cardinale ha plaudito al documento delle ONG presentato all’ultima riunione, chiamato “Verso una società più inclusiva”, perché in quel documento “viene dato valore ad idee chiare, e alle sfide e posizioni adottate dalle ONG cattoliche in più di una tematica.

“Al giorno d’oggi, il virus invincibile è quello di agire da soli, separati degli altri, credendo di poter essere migliori degli altri ed evitando ogni collaborazione possibile”, chiosa il Cardinale. Che poi individua una sfida nel “condividere l’orizzonte di un progetto globale, che vi fa avvicinare tutti nel segno della vostra coscienza che l’azione avrà davvero un’altra dimensione”.

Il Cardinale incoraggia le ONG cattoliche a vivere con speranza, ma anche a “rafforzare i contatti che già avete con le piattaforme regionali”, lodando la collaborazione con la Missione Permanente della Santa Sede a Strasburgo e sottolineando che Papa Francesco apprezza il loro operato.

Parolin a Strasburgo, la reazione FAFCE

L’incontro del Cardinale Parolin con il Forum delle ONG Cattoliche è stato molto apprezzato dalle organizzazioni. In particolare, Nicola Speranza, segretario generale della FAFCE, ha dichiarato che nello scambio siamo stati incoraggiati a continuare la nostra azione di testimonianza nelle istituzioni europee, con sempre maggiore unità, alla luce della dottrina sociale della Chiesa e dell'insegnamento del Papa".

La FAFCE (Federazione delle Associazioni Famigliari Cattoliche in Europa) è l’unica ONG familiare di ispirazione cattolica accreditata al Parlamento Europeo e al Consiglio d’Europa.

In questi giorni, la FAFCE ha adottato una risoluzione su "La famiglia è il cuore della ripresa post-pandemica", ribadendo la loro chiamata ad adottare "Un nuovo paradigma per mettere la famiglia e le associazioni familiari al centro delle politiche a lungo termine in Europa ”.  Vincenzo Bassi, presidente FAFCE, ha dichiarato che “questa risoluzione dovrebbe essere un Manifesto per questi tempi. Continueremo il nostro lavoro per convincere le istituzioni dell'UE e i governi nazionali della necessità cruciale di utilizzare il piano di ripresa e il bilancio dell'UE per le politiche demografiche e familiari ”.

La risoluzione arriva alla vigilia dell’accordo tra Parlamento Europeo e Consiglio UE su bilancio dell’Unione e sullo strumento di ripresa “Next Generation EU”.

Rivolgendosi alla COMECE ad inizio ottobre, il Cardinale Parolin aveva sottolineato come la solidarietà europea, in tema di Next Generation UE e politiche di rilancio, “deve interessare anzitutto il tessuto base della società che è la famiglia, attraverso apposite politiche di sostegno. Si tratta di valorizzare la più importante risorsa della società civile e soprattutto di porre fine all’ormai eccessivamente lungo inverno demografico, che mina alla base il futuro stesso dell’Europa”. 

FOCUS PAPA FRANCESCO

Papa Francesco disponibile ad andare in Corea del Nord

Lo scorso 23 ottobre, Lee Baek-man, ambasciatore di Corea presso la Santa Sede, è stato a Papa Francesco in visita di congedo. Secondo l’agenzia coreana Yonhap, in quell’occasione Papa Francesco avrebbe ribadito all’ambasciatore il suo desiderio di visitare la Corea del Nord per aiutare il processo di pace.

Papa Francesco aveva già espresso questa sua disponibilità nell’ottobre del 2018, quando lo disse al presidente della Corea del Sud Moon Jae-in, che era in visita.

La Santa Sede è comunque particolarmente cauta su un eventuale viaggio. È difficile, tra l’altro determinare se ci siano realmente cattolici a Pyongyang, dove i capi di rieducazione sono sempre dietro l’angolo, mentre le persone vivono in una dittatura che ovatta e impedisci tutti i contatti con l’esterno.

Papa Francesco incontra la vicepresidente di Ecuador

Nell’ambito di un suo viaggio in Europa, Maria Alejandra Munoz, vicepresidente di Ecuador, è stata anche in visita privata da Papa Francesco. L’incontro è avvenuto il 9 novembre.

Al termine dell’incontro, Munoz ha sottolineato che il Papa ha mostrato la sua “continua preoccupazione per l’Ecuador”, e che si è parlato anche della crisi del coronavirus, della necessità di restare umani, perché – ha detto Francesco – “solo la società che rompe radicalmente con l’egoismo” può andare avanti.

Altro tema dell’incontro è stata la cooperazione tra Santa Sede ed Ecuador nella lotta alla fame e nella attenzione a infanzia ed educazione.

Munoz ha anche avuto un incontro con il Cardinale Pietro Parolin, per un primo processo di revisione dei documenti concordatari vigenti tra Chiesa e Stato, ma anche per trovare punti di incontro, come la necessità di lavorare per la denutrizione cronica infantile in Ecuador Munoz è in tour in Europa in cerca di cooperazione internazionale per l’infanzia.

                                                FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a Vienna: la questione della libertà religiosa nella regione OSCE

Si sono tenuti a Vienna, la scorsa settimana, tre dibattiti degli incontri sulla Dimensione Umana, sul tema “Libertà di religione e di credo: il ruolo delle tecnologie digitali e degli attori di società civile nel sostenere questo diritto umano per tutti”.

La prima sessione, tenutasi il 9 novembre, ha avuto come tema “Lo stato della Libertà di Religione di credo nella Regione OSCE: sfide e opportunità”.

Monsignor Janusz Urbanczyk, rappresentante permanente della Santa Sede all’OSCE, ha sottolineato che una delle sfide più grandi oggi è di “convincere le persone che, in un mondo secolare, la libertà religiosa è un diritto importante degno di protezione”, specialmente oggi che “in alcune società, le religioni continuano ad essere percepite come una fonte di intolleranza piuttosto che di armonia sociale”, e considerata come “una minaccia alla tolleranza alla pace e sicurezza” piuttosto che “un arricchimento e un contributo allo sviluppo culturale e sociale”.

La Santa Sede nota che la situazione può contribuire a creare una pericolosa attitudine negativa contro religioni e credenti, e che per questo gli Stati “hanno la responsabilità di promuovere il bene comune, la pace sociale e la coesistenza rispettando il pluralismo e proteggendo la libertà di religione o credo”.

La Santa Sede sottolinea che i Paesi dell’area OSCE “sono tenuti a rifiutare il cosiddetto approccio riduzionista alla libertà di religione e di fede” che punta a privatizzare la religione. E questo anche sulla base degli impegni dell’OSCE, che includono sia l’inviolabilità della coscienza individuale, che la dimensione religiosa nella sua specificità come un fenomeno socialmente organizzato”.

Viene dunque riconosciuto “il diritto alle comunità religiose di esistere come organizzazioni autonome”, e per questo gli Stati sono chiamati ad essere vigilanti sui sistemi di registrazione delle religioni, che possono essere anche un modo di controllare i fedeli, violando i principi di libertà religiosa, e persino di cercare di mettere a rischi l’autonomia delle religioni, che invece hanno il diritto di “scegliere liberamente, nominare e rimpiazzare i loro leader o decidere delle loro regole interne”.

Non solo: l’autonomia delle comunità religiose può nascere anche da “alcune leggi antidiscriminazione, che possono limitare il diritto ad assumere o licenziare persone secondo le visioni e gli interessi delle comunità”.

Monsignor Urbanczyk nota infine che “si sa bene che le differente misure imposte dagli Stati per combattere la pandemia da COVID 19 hanno avuto profonde ramificazioni sulla libertà di manifestare la propria religione o credo e hanno limitato le attività religiose, educative e caritative delle comunità di fede”.

Per questo, ammonisce che “i legislatori devono sempre essere coscienti delle gravi conseguenze che questi regolamenti creano per le comunità religiose, le quali giocano un ruolo importante nel combattere la crisi non solo attraverso il loro attivo supporto nel campo sanitario, ma anche attraverso il loro supporto morale e i loro messaggi di solidarietà e speranza”.

La Santa Sede a Vienna: come le tecnologie digitali aiutano la libertà religiosa

La seconda sessione dell’Incontro sulla Dimensione Umana di Vienna si è concentrata su “Il Ruolo delle tecnologie digitali nello sviluppare il diritto alla libertà religiosa e di credo”. La sessione si è tenuta il 10 novembre.

Monsignor Urbanczyk ha notato che “il ruolo dei media nella società” è basato sul principio etico fondamentale che “la comunicazione dovrebbe essere da persone a persone per lo sviluppo integrale delle persone”.

La libertà religiosa – ha continuato il rappresentante della Santa Sede – non “include il privilegio” di essere esente da critiche o commenti avversi sulla rete, eppure lo scenario in cui “una religione o credo è l’obiettivo di una analisi critica dal punto di vista filosofico – teologico” è diverso dallo scenario in cui tale critica “consiste in un insulto deliberato e gratuito e in una discriminazione contro la dottrina, le istituzioni o i seguaci di una particolare religione”.

Monsignor Urbanczyk ha concesso che non è facile trovare “un corretto equilibrio tra il diritto alla libertà di espressione e il diritto alla libertà religiosa”, anche perché non c’è consenso sui limiti della libertà di espressione. Allo stesso tempo, ha sottolineato che i media “hanno la responsabilità di promuovere la conoscenza e la comprensione delle religioni”, e per questo viene incoraggiato l’Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani (ODIHR), in cooperazione con l’ufficio per il rappresentante della libertà religiosa, di sviluppare “linee guida specifica per standard professionali volontari e autoregolamentazione nel promuovere la tolleranza religiosa e la non discriminazione nei media”.

La Santa Sede ha quindi richiamato gli Stati parte a partecipare ad un dialogo pubblico, ricordando che la difesa del politicamente corretto “fornisce troppo spesso una giustificazione per etichettare e denigrare i credenti o le comunità religiose come bigotti e intolleranti, e di conseguenza di escluderli dal dibattito pubblico”.

La Santa Sede ha anche chiesto di porre speciale attenzione ad Internet ad ai social networks, perché questi “giocano un ruolo sempre più dominante nel diffondere disprezzo o persino incitare contro le comunità religiose”. Per questo, viene auspicato che i provider di Internet vengano incoraggiati ad adottare contratti chiari, trasparenti e non discriminatori che permettano di punier in caso di comportamento intollerante”.

La Santa Sede a Viennna, il ruolo della società civile

Sempre il 10 novembre, si è tenuto il terzo incontro, sul Tema “Il Ruolo della società civile nel far sviluppare il Diritto alla libertà religiosa e di credo per tutti”.

Nel suo intervento, monsignor Urbanczyk ha sottolineato che “la Santa Sede consider ail dialogo interreligioso come un mezzo importante di promuovere una più ampia tolleranza, rispetto e comprensione tra le diverse comunità di credenti e tra credenti e non credenti”, e che questo dialogo assicura la stabilità e la sicurezza delle società democratiche”.

La Santa Sede, da parte sua, è fortemente impegnata nel dialogo interreligioso, che è una “questione interna delle comunità religiose, che dovrebbero essere libere di decidere se e quando cominciare questo dialogo”.

D’altra parte – ha notato monsignor Urbanczyk – “il dialogo tra comunità religiose e corpi governativi ha differenti premesse ed obiettivi”, ed ha soprattutto lo scopo di “raggiungere una migliore comprensione dei bisogni o delle posizioni delle comunità religiose, e di sviluppare una attiva cooperazione per risolveresfide concrete”.

Attraverso questo dialogo – ha affermato la Santa Sede – comunità religiose e governi lavorano insieme per promuovere “il bene commune, la pacifica coesistenza e la comprensione nella società”.

Questo dialogo, tuttavia, si basa sulle premesse che “Stati e religioni hanno compiti specifici, che non sono intercambiabili”, e in particolare “questo dialogo non deve essere interpretato dallo Stato e dalle sue organizzazioni come diritto ad interferire, in guisa di consultazioni, con la libertà delle comunità religiose”.

La Santa Sede a New York, verso la Giornata Mondiale dei Poveri

In occasione della Giornata Mondiale dei Poveri, che si celebrerà il 15 novembre, la Missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York ha cosponsorizzato un evento vituale di presentazione della giornata il 12 novembre.

L’arcivescovo Giordano Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali a New York, ha denuto un intervento prio sul senso della Giornata, stabilita da Papa Francesco a seguito dell'Anno Santo Straordinario della Divina Misericordia.

Nello standere una mano ai poveri, ha detto l’arcivescovo Caccia, siamo chiamati prima “ a guardarci intorno e vedere quante persone abbiamo ferito”, e solo allora, quando siamo tornati al nostro posto, “i nostril cuori possono muoversi con compassione per quanti soffrono”.

L’arcivescovo Caccia ricorda l’enciclica Fratelli Tutti di Papa Francesco, e il fatto che questa enciclica metta a modello “del Buon Samaritano”. Il Papa – ha detto l’osservatore – “ci sta chiamando a comportarci come fratelli e sorelle. Non di tenere le nostre mani nelle tasche. Non di lavarci le mani di fronte alla situazione degli altri. Ma di estendere entrambe le mani e prendere gli altri”.

L’arcivescovo Caccia ha anche aggiunto che durante la pandemia, con le relazioni umane ridotte, “siamo diventati anche più grati delle mani estese verso di noi di dottori, infermiere, farmacisti, sacerdoti, volontari e vicini”, e Papa Francesco ci chiede di imitare quel coraggio e quella generosità”.

La Santa Sede a New York, la questione di migranti e rifugiati

Il 10 novembre, l’arcivescovo Caccia è invece intervenuto con uno statement davanti al Sesto Comitato che discuteva della “Espulsione degli Alieni”.

Nel suo intervento, l’Osservatore della Santa Sede ha detto che rifugiati, richiedenti asilo, migranti e vittime di traffico di esseri umani e di contrabbando sono tra le persone più vulnerabili del mondo, e ha lodato la Commissione per il Diritto Internazionale che ha preparato una bozza per guidare la discussione nel Sesto Comitato.

La Santa Sede ha notato che quelli che sono in movimento, sia volontariamente che involontariamente, non hanno meno diritti delle persone residenti, e ha lodato gli articoli della bozza in discussione che affermano che nessuno deve essere espulso da uno Stato quando la sua vita o libertà possano essere in pericolo. La Santa Sede si è anche detta cauta sull’articolo che presume che quanti sono soggetti ad espulsione possano essere detenuti”.

                                                FOCUS INTERNAZIONALE

L'ambasciatore armeno presso la Santa Sede denuncia il reclutamento di estremisti

Durante un evento virtuale sponsorizzato dall'Ambasciata del Regno Unito presso la Santa Sede, Garen Nazarian, ambasciatore di Armenia presso la Santa Sede, ha puntato l'ndice contro il reclutamento e l'impiego di estremisti siriani nel conflitto in Nagorno Karabakh, affermando che si tratta di "una seria minaccia alla sicurezza internazionale".

L'evento era "Terrorismo contro i cristiani in Europa: come affrontare la nuova sfida", ed era organizzato dall'iniziativa ecumenica #StandTogether

 

Nazarian ha sottolineato che "negli ultimi due mesi, abbiamo ripetutamente denunciato il reclutamento di terroristi e jihadisti da parte della Turchia, provenienti da diversi luoghi in Medio Oriente, e in particolare dalla Libia e da aree sotto controllo in Siria, e il loro trasferimento e impiego nella nostra regione con lo scopo di commettere atrocità contro la popolazione cristiana dell'Artaskh". Artsakh è il nome armeno del Nagorno Karabakh.

Questa attività, ha continuato l'ambasciatoer, rivela le intenzioni di Turchia e della leadership dell'Azerbaijan di dare al conflitto un carattere interreligioso, e questo è davvero molto pericoloso".

La Turchia e l'Azerbaijan hanno entrambi negato di aver recrutato militanti islamisti. Il conflitto è ora congelato da un cessate il fuoco che il premier armeno Pashinyan ha definito "molto doloroso", e che ha causato proteste nella nazione, anche da parte del Katholikos Karekin II della Chiesa Apostolica Armena. Diversi rapporti hanno messo in luce la possibilità di un genocidio culturale in atto in Nagorno Karabakh. 

Sally Axworthy, ambasciatore del Regno Unito presso la Santa Sede, ha aperto l'incontro, mentre il vescovo Matthieu Rougé di Nanterre ha parlato di come i cattolici di Francia hanno risposto al recente attacco terroristico contro la Basilica di Notre Dame a Nizza. Australia, l’arcivescovo Gallagher per la settimana NAIDOC

In Australia, si sta celebrando in questi giorni la settimana NAIDOC, che sta per National Aborigines and Islanders Day Observance Committee – Comitato per il giorno di osservanza degli aborigeni australiani e isolani. Il NAIDOC si impegna a riconoscere che la storia d’Australia era ben più antica del primo contatto con il mondo occidentale, avvenuto solo nel XVII secolo.

L’arcivescovo Gallagher, che è stato nunzio apostolico in Australia dal 2012 al 2014, ha inviato un breve messaggio, in cui sottolineava che gli aborigeni sono le prime popolazioni dell’Australia, e che dobbiamo continuare guardiamo a guardare indietro e valorizzare ciò che è stato fatto dagli aborigeni trovando una soluzione non solo usando usando la tecnologia, ma anche guardando a come gli aborigeni hanno difeso la terra.