Il giorno della conclusione della Assemblea il Papa ripercorre i lavori dei Padri: “Nella ricchezza degli interventi, delle relazioni, delle conclusioni di questo Sinodo, che si è mosso su due direttrici, come su cardini, la fedeltà cioè al piano di Dio verso la famiglia e la pratica pastorale caratterizzata da un amore misericordioso e dal rispetto dovuto agli uomini considerati nella loro completezza, per quanto concerne il loro “essere” e il loro “vivere” - in tanta ricchezza, dicevamo, motivo per noi di grande ammirazione, ci sono alcune parti, che hanno attirato l’attenzione dei padri in modo particolare. Essi infatti erano coscienti di essere interpreti delle attese e delle speranze di molti coniugi e di molte famiglie”.
Dibattito “sincero e libero” dice il Papa che fa nascere indicazioni che hanno “presente il tipico elemento cristiano secondo il quale il matrimonio e la famiglia vanno visti come doni dell’amore divino”.
E prosegue Giovanni Paolo II: “ Perciò il Sinodo, parlando del ministero pastorale verso coloro che sono passati ad una nuova unione dopo il divorzio, loda quei coniugi che, pur angustiati da gravi difficoltà, tuttavia hanno testimoniato nella propria vita l’indissolubilità del matrimonio. Nella loro esistenza si coglie infatti una valida testimonianza di fedeltà verso l’amore che ha in Cristo la sua forza e il suo fondamento.
I padri sinodali inoltre, mentre affermano l’indissolubilità del matrimonio e la prassi della Chiesa di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati che contro la norma si sono uniti in un nuovo matrimonio, esortano i pastori e tutta la comunità cristiana perché aiutino questi fratelli e sorelle a non sentirsi separati dalla Chiesa, non solo, ma in virtù del battesimo essi possono e devono partecipare alla vita della Chiesa pregando, ascoltando la parola, assistendo alla celebrazione eucaristica della comunità e promuovendo la carità e la giustizia.
Quantunque non si debba negare che tali persone possano ricevere, se ne ricorrano le condizioni, il sacramento della penitenza e quindi la comunione eucaristica, quando sinceramente abbracciano una forma di vita, che non contrasti con la indissolubilità del matrimonio - cioè quando l’uomo e la donna, che non possono soddisfare l’obbligo della separazione assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi, e quando non c’è motivo di scandalo - tuttavia la privazione della riconciliazione sacramentale con Dio non li distolga dalla perseveranza nella preghiera, dall’esercizio della penitenza e della carità perché possano conseguire la grazia della conversione e della salvezza.
È bene che la Chiesa pregando per loro e sostenendoli nella fede e nella speranza si dimostri madre misericordiosa”.
Giovanni Paolo II inoltre affronta il tema della trasmissione della vita affermando che “i padri sinodali hanno riaffermato apertamente la validità e la sicura verità dell’annunzio profetico, dotato di un significato profondo e di grande rispondenza alle odierne condizioni, contenuto nella lettera enciclica “Humanae Vitae”(…) I padri sinodali rivolgendosi a coloro che esercitano il ministero pastorale a beneficio dei coniugi e delle famiglie hanno respinto ogni dicotomia tra la pedagogia, che propone una certa gradualità nel realizzare il piano divino, e la dottrina, proposta dalla Chiesa con tutte le sue conseguenze, nelle quali è racchiuso il comando di vivere secondo la stessa dottrina.
Non si tratta di guardare la legge solo come un puro ideale da raggiungere in futuro, ma come un comando di Cristo Signore a superare con impegno le difficoltà.
In realtà non si può accettare “un processo di gradualità”, se non nel caso di chi con animo sincero osserva la legge divina e cerca quei beni, che dalla stessa legge sono custoditi e promossi. Perciò la cosiddetta “legge della gradualità” o cammino graduale non può identificarsi con la “gradualità della legge”, come se ci fossero vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse. Tutti i coniugi sono chiamati, secondo il disegno divino, alla santità nel matrimonio e questa alta vocazione si realizza in quanto la persona umana è in grado di rispondere al comando divino con animo sereno confidando nella grazia divina e nella propria volontà.
Perciò i coniugi che non hanno la stessa sensibilità religiosa non possono accettare passivamente la situazione, ma dovranno impegnarsi, con pazienza e benevolenza, perché si ritrovino nel fedele adempimento dei doveri propri del matrimonio cristiano”.
E sul ruolo della donna il Papa esprime il più grande sogno di vere dignità: la possibilità di scelta: “Il Sinodo ha parlato della donna, della sua dignità e della sua vocazione come figlia di Dio, moglie, e madre in modo appropriato e persuasivo, con rispetto e gratitudine. Respingendo tutto ciò che lede la sua dignità umana, il Sinodo ha evidenziato anche la grandezza della dignità della madre. Per questo motivo ha dichiarato che la società deve costituirsi in modo tale che la donna non sia costretta ad un lavoro fuori casa per motivi economici, ma bisogna che la famiglia possa vivere convenientemente anche quando la madre si dedica totalmente ad essa”. Una libertà che le donne non hanno ancora raggiunto.
Il Magistero in definitiva non cambia, semmai in questi decenni la pastorale è stata spesso semplificata e sciatta.
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