Rovigo , martedì, 20. ottobre, 2020 16:00 (ACI Stampa).
Marc Chagall nel 1931 si trova a Berlino. E’ in fuga dalla sua Russia, è povero ed esule, con una famiglia a carico, dopo aver passato qualche stagione di trionfi e di speranze. Ha trentaquattro anni ma si sente carico di vita, soprattutto di dolori. “Sì, ne sono convinto, alla fine anche la mia Russia mi amerà”. Una speranza lo sorregge, quando scrive queste parole che sigillano la sua autobiografia illustrata, con il titolo francese di Ma Vie, consapevole che la sua separazione dalla Russia sarebbe stata definitiva e quello che lo attende è un destino da esule, tormentato dalla nostalgia della “casa” perduta. Condizione che avrebbe reso unica la sua pittura.
Chagall si era trasformato in un esule sfuggito per un soffio alla mannaia rivoluzionaria della nascente repubblica sovietica. Nella sua fuga porta con sé i colori della sua infanzia, le immagini simboliche della sua radice ebraica e della vita in Russia, così profondamente connotata dalla fede ortodossa.
A Palazzo Roverella, a Rovigo, è in corso una mostra intitolata "Anche la mia Russia mi amerà", dedicata appunto a Chagall, che resterà aperta fino al 17 gennaio prossimo, curata da Claudia Zevi. Sottotraccia si dipana anche il racconto della tragica parabola attraverso la quale la rivoluzione comunista si trasforma in tradimento e persecuzione, a cominciare proprio da coloro che in quella rivoluzione avevano creduto per primi. Artisti e intellettuali annientati dal regime che avevano esaltato: quasi tutti i protagonisti della grande ribalta artistica russa, uscirono di scena, alcuni tragicamente.
Chagall, Vasilij Kandinskij e Natalia Goncharova scelsero la strada dell'emigrazione. Sergej Esenin e Majakovskij si suicidarono, il primo nel 1925, il secondo nel 1930. Malevic fu arrestato nel 1930 e morì nel 1935. Izaak Babel sopravvisse penosamente fino al 1940. Mejerchol'd fu torturato, processato e ucciso nello stesso anno. Quelli che sfuggirono alla morte dovettero adattare il loro stile ai canoni imposti dal regime.
La pittura salva l’anima di Chagall, nei suoi colori incantati le tragedie vissute si trasformano in poesia, in fiaba e visione. Le opere esposte a Rovigo, sono circa 70. E fermarsi a contemplare queste opere equivale, in fondo, a fare un viaggio attraverso tutta la cultura russa, quella artistico-letteraria e quella popolare: animali, case e villaggi, icone, contadini e preti, capre e vacche che popolavano i villaggi russi quando Chagall era bambino e poi adolescente, le fiabe e le vite di uomini santi, di monaci e di peccatori, che si raccontavano nelle isbe e nelle fattorie, nei cortili dei monasteri. Un universo che intreccia mirabilmente radici del mondo ebraico e cristiano ortodosso.